Dall’Oregon, di nuovo alla ribalta il gruppo di Sam Coomes e Janet Weiss (batterista di Sleater-Kinney), con questo ottavo disco di 11 canzoni che finalmente, oltre alla critica, credo conquisterà anche il grosso pubblico.
Piccola divagazione che per qualcuno, immagino, significherà molto: Sam e Janet erano amici di Elliott Smith, e suonarono entrambi su “Figure 8”: Sam era al piano, e dava l’anima in quell’incredibile ‘Son of Sam’ che apriva il disco, una delle cose più belle di sempre…
Malgrado Sam e Janet (che in passato facevano coppia anche nella vita…) oggi si presentino in internet con uno slogan scanzonato: “Quasi Return with Hot Shit”, dico che rispetto alle precedenti – pur valide – incisioni domestiche (7 dischi in 13 anni), questo “When the Going Gets Dark” segna un netto salto di qualità, non tanto nella scrittura delle canzoni tutte strepitose e senza cedimenti, quanto nella fase di produzione e missaggio avvenuta stavolta in un vero studio della loro città adottiva Portland, con un suono ancora potente ed indie rock ma ormai scintillante e sempre a fuoco come nelle produzioni “mature” di Mercury Rev, Flaming Lips e Moterpsycho. E senza paura d’esagerare – e in virtù anche di qualche segnale di recente involuzione di questi tre grandi gruppi – possiamo finalmente azzardare l’ingresso a pieno titolo dei Quasi nel “circolo dei grandi”.
Un po’ come fu in “Diamond Dogs” di David Bowie (anno di grazia 1974), anche qui gioca un ruolo guida il pianoforte, presente in quasi tutti gli episodi; suonato in maniera estremamente aggressiva, con un martellamento continuo di accordi che scandisce il tempo ed enfatizza e drammatizza i cambi di registro, questo strumento talvolta s’impone e talvolta rimane prevaricato da un compatto suono chitarra/bass/batteria, e se in una metà dei casi contribuisce a dare alle composizioni un irresistibile carattere pop in senso “alto” ed ordinato stile Paul McCartney, nell’altra metà deraglia nella più invitante cacofonia noise (la visione di un pianoforte martoriato con gomiti, avambracci e palmi della mano stile Jerry Lee Lewis…
Canzoni per buona parte pensate da Sam (9 su 11, le altre 2 sono di Janet), scommetto proprio seduto al piano, con la mente ai suoi eroi di sempre: i Pavement.
Molto interessante, sul loro sito internet (ad oggi non ancora aggiornato riguardo l’uscita del nuovo disco!), l’apertura con un lucido atto d’accusa verso la politica “neocon” dell’amministrazione Bush: sia con riguardo alle questioni estere (Iraq) sia a quelle interne (neocorporativismo); invettiva ad ogni modo mai retorica che prosegue nei testi graffianti e politici delle canzoni di un Sam Coomes mai così ispirato.
Autore: Fausto Turi