Tra i principali gruppi garage della nuova ondata scandinava, gli svedesi Maggots danno alle stampe il loro quarto album “Monkey Time!” a distanza di tre anni dall’interlocutorio “Do The Maggot!”. Se quel disco li vedeva alla ricerca di una possibile via d’uscita rock, il nuovo – che segna pure il cambio d’etichetta, con il passaggio dalla storica Low Impact alla tedesca Screaming Apple – vede invece la formazione di Stoccolma tornare in splendida forma, all’altezza dei due primi imbattibili lavori “Get Hooked” e “This Condition Is Incurable”. Allargata la line-up a quartetto, con l’ingresso dell’organista Jens Lagergren, i Maggots hanno realizzato il disco della maturità. Un lavoro splendido. Che parte con l’attacco garage delle coinvolgente “Ain’t Nothin’ But A Maggot”, assume forme sinuose in “Temptation”, si inoltra in territori “maximum rock & soul” con la cover di “Nothing But A Heartache” dei Flirtations e in ipnotici giri surf con “The Sideshow”. Prima di ripartire a razzo con il dinamismo di “It’s Not Me, It’s You” e col remake di “Tomato Juice” degli oscuri Cardinals. Ma i pezzi migliori arrivano quando i Maggots danno fuoco alle polveri del loro garage-sound venato di magia psichedelica: nella splendide “Til The End Of Time”, “Make Me Fly” e nella conclusiva caleidoscopica “King Of The Freaks”. Dodici canzoni per ribadire che tra i sovrani del garage di oggi, ci sono di diritto anche loro. Dodici canzoni per un album da consumare a furia di ascolti e da spedire in cima alla playlist di fine anno.
Autore: Roberto Calabro’