“Nipotini di Robert Wyatt vengono allevati tra le braccia di Cariddi.”
Non è l’assurdo titolo estratto dalle pagine di cronaca locale di un quotidiano siciliano, ma prendetela come una credibile seppur generica presentazione del gruppo messinese Addamanera (espressione siciliana che significa “a quella maniera”). Se infatti selezionate “(qualcosa a qualcuno) bla bla” – seconda traccia del loro disco di debutto “Nella tasca de il zio” – sicuramente avrete anche voi la sensazione di star ascoltando Robert Wyatt che canta nella nostra lingua madre: melodia cristallina, timbro vocale vellutato e amabili note di flauto che volteggiano tutt’intorno.
Presentazione “generica” – anticipavo – perché gli Addamanera incidono sull’etichetta personale degli eccentrici Mariposa (con coproduzione della trevigiana Lizard), il che significa incondizionata adesione a quell’idea di musica scomponibile vero manifesto estetico “mariposiano”: parole assemblate in bizzarra libertà, testi in italiano, siciliano e inglese, spirito d’improvvisazione, musica popolare rivisitata, jazz per qualche strampalata banda di paese, contributi importanti degli stessi Mariposa, impliciti omaggi al conterraneo Battiato (“La reale forma del vaso”), brevi sketches tra il futile ed il surreale (“Il piromane”, “Libellule”, “Viandante”) intervallati a brani di maggior durata e più corposa sostanza come “Lemonjelly” – una filastrocca psichedelica di oltre dieci minuti – o “La barca”, spore di folk mediterraneo trasportate da tiepidi venti canterburyani.
In Trinacria i nipotini di Robert Wyatt crescono sani e felici.
Autore: Guido Gambacorta