E’ come se l’intero album fosse sigillato da una impermeabile e spessa guaina che lo isoli dalle bassezze, ma anche dalle visceralità, delle umane cose. La prima parte di questo progetto del post-cantautore fiorentino di origini partenopee è un gioco finissimo, che incede a diversi centimetri dal suolo.
“Trasparente”, il precedente lavoro di studio giovatosi della produzione artistica di Manuel Agnelli, è un disco molto deciso nelle sonorità, in cui Parente propone un cantautorato perplesso da mille derive concettuali e strumentali, intriso di fascino, ancor più di meraviglia.
Questa perla di trenta minuti o poco più invece vuole esprimere i propri argomenti in modo più diretto, formalmente più naturale, attraverso una manciata di brani molto brevi e molto cantati, molto più esili, molto più asciutti, in cui, più che con le situazioni, si possa comunicare attraverso le storie: “E’ richiesto saper raccontare una storia, è convenzione saper usare le parole per essere compresi, per comandare, per spiegare le altre parole, per fare l’amore (un istante prima)” come sostiene lo stesso Parente.
Questo intento effettivamente accade, a qualche prezzo: nei brani più popular, come “Il posto delle fragole”, dedicato a quello che per lui è il film più bello del mondo, non viene espresso con la solita brillantezza quel modo personalissimo di fare canzoni basate su continui scarti dalla forma canonica, su falsi movimenti che vi instillano il germe del dubbio.
Il rischio che il nostro si assume in tutti i brani del disco è quello di esporre testi, che non sempre hanno le spalle così larghe, ad una fruibilità (e cantabilità) per lui inedita.
Comunque il lavoro è ricco di brani sublimi: l’iniziale “Wake Up” è manifesto programmatico di un nuovo inizio, che contiene tutti gli elementi presenti all’interno del disco: lo specchio e il sorriso, con la frase chiave che è l’invito ad una nuova lucidità dell’anima: “la meraviglia è la concentrazione”; in un secondo momento la canzone si scioglie, concedendosi spazi inusuali in cui si dilata il tempo per poi esplodere il uno stacco di enorme impatto emotivo. Inoltre, la forza e la delicatezza di “Colpo di Specchio” sono l’emblema di un lavoro capace di stabilire legami tra elementi lontanissimi (come nel titolo del disco), per forza e per cuore, in grado di suscitare quesiti e sentimenti.
E’ la forza di quella guaina che stacca le canzoni un bel po’ di centimetri da terra e le preserva dalle cose. Lo si vede nella incorruttibile parte ritmica di “Amore o governo”, nella traccia di mellotron di “Un Tempio”, nella straordinaria indeterminazione strumentale di “Lampi sul Petto”, col sax in 3/4 di Enrico Gabrielli proprio di un funereo jazz nero che si confronta con la ricchezza granulosa della parte strumentale e con i cori intessuti da Claudio Tosi e Betty Vittori, nell’alchimia di “Trilogia del Sorriso Animale”, il brano migliore del disco, enigmatico, già sospeso verso la seconda parte del lavoro, in uscita a Febbraio.
Questi lampi sono un tesoro da conservare da parte di una delle migliori e più riconoscibili band italiane per creatività e suono.
Autore: PasQuale Napolitano