Devo rivedere tutte le mie teorie sulla vita eterna….già …perché se a 80 anni suonati Roy Owen Haynes si permette di danzare sui tamburi in questa maniera …allora mi sa che la fontana di un’eterna giovinezza suggerita dal titolo non è solamente fumo negli occhi rifilatoci da qualche estemporaneo guru della new age.
Registrato rigorosamente live in due serate tenute il 4 e 5 dicembre 2002 a New York e precisamente nel mitico Birdland, questo disco è un viaggio attraverso il pentagramma e le note di quello che viene definito “Il più grande batterista vivente”.
John Coltrane, Stan Getz, Sarah Vaughan, Chick Corea, Charlie Parker, Thelonious Monk sono una infinitesimale parte degli artisti (..per chi non lo sapesse stiamo parlando di Jazz) con i quali Haynes ha diviso gioie e dolori di un’epoca storica ed irripetibile, mistica e sanguigna al tempo stesso.
La band che lo accompagna è semplicemente perfetta, fenomenale il lavoro di cesellatura in pezzi come “Inner Trust” dall’ omonimo disco del pianista David Kikoski o l’espressività raggiunta in “Summer night”, sembra proprio di gustare le risate, i rumori di fondo, i profumi di una cena tra amici di vecchia data in una dolce sera d’estate.
Il mito di Monk torna a farci capolino in tre dei nove pezzi, coppa Volpi (per rimanere in tema festivaliero) per la miglior interpretazione a “Trinkle Tinkle” che si avvale di una debordante quanto puntuale performance di Strickland.
Gli standards interpretati da Haynes sono come il suono della sua batteria: caldo, deciso, e rotondo, l’opener “Greensleeves” ne è un esempio appropriato: non facciamo tempo a cullarci con un passaggio lieve ed impalpabile che ….improvvisamente…un colpo netto, profondo …..ed è il risveglio!
Cercando di analizzare per voi le atmosfere rarefatte di “Question & Answer” di Metheney o le svisate di “Butch and Butch” o “Green Chimneys” mi accorgo che descrivere i passaggi strumentali o tecnici di questo disco è assolutamente limitante: non stiamo “solamente” ascoltando musica ma cosa improponibile per la maggior parte dei dischi contemporanei .…la stiamo vivendo.
Un difetto a questo disco?
Forse nel aver trascurato il periodo trascorso dal buon Haynes alla corte di Coltrane ma forse riprodurre quel sound, quella pienezza è impresa improba per qualsiasi essere umano perciò sorvoliamo e godiamoci il tepore di “Remember”.
“Breathing, getting up, feeling good. Sometimes I may be playing drums and I feel like it’s therapy. I like fresh air, being around interesting people, talking about interesting things – not just ABCD, like a lot of music today” – Roy Haynes
Autore: Alessio “Blemish” Minoia