Terza prova per il trio di Seattle, e complimenti. Loro si definiscono Dissidenti dell’Era Digitale e tutto lo conferma, dai testi paranoici che conclamano l’abiura al conformismo mediatico e telematico in cui siamo tutti un po’ immersi al sound quasi garage che rifiuta ogni contaminazione elettronica.
L’omogeneità dell’album è sorprendente, garantita proprio dall’amalgama orchestrato dal gruppo, in cui le tiritere acide della chitarra ferrosa e nasale di Erin Sullivan si impastano suggestivamente col basso sobrio e dinamico di Min Yee, mentre Lars Finberg percuote inclemente la batteria, e a sentirlo dà l’idea di un robot, però sudatissimo.
Rock quasi industriale, direi, in cui a volte si materializzano i Fall di Mark Smith, o addirittura i mitici Cramps, ma che è regolato da un minimalismo strutturale e compositivo che siamo abituati ad associare a gruppi ben diversi, di classica matrice tecnologica. E’ chiaro il paradosso? E’ proprio questo il gusto di Black Forest, che alla fine soffre solo della sua stessa voluta monotematicità, oltre che forse dell’assenza di canzoni epocali. Non importa,
perché idee chiare e originalità sono doti già rare, di questi tempi, e quindi, appunto, complimenti ai tre Dissidenti.
Autore: Andrea