A scorrere il palmares del collettivo Riserva Moac tutto sembra tranne che siano al loro primo album. “Premio Amnesty International 2004”, primi alla “Biennale dei giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo 2004”, “Mei fest 2003”, “Folkontest 2003”, sono solo alcuni dei riconoscimenti che questo gruppo ha accumulato in questi ultimi anni. È appena uscito per la Ultimo Piano Records
l’esordio del gruppo molisano, “Bienvenido”. “Non c’è alcuna recinzione, tutto è contaminazione in questo villaggio” cantano, e infatti questo loro esordio è una commistioni di generi (patchanka, rock, ska) che ha, però, una sola direzione: il folk a 360°. Da buoni allievi hanno studiato e appreso appieno la lezione di “Bandabardò”, “Modena City Ramblers” e influenze possiane. Non lesinano dialetto e pescano a piene mani nella tradizione popolare con le sue canzoni e gli strumenti che la contraddistinguono: zampogna, ciaramella, fisarmonica che la Riserva rende propri e precipui al proprio progetto.
Dopo l’intro e il loro manifesto poetico “Bienvenido en la reserva”, i sette molisani si buttano nei temi propri di questo genere. E gettano un’occhiata ironica sulla politica “Poli(s)tica”, la tv in “L’oceanico” (“Senza riluttanza, con schietta arroganza, controlla tutto uno schermo in una stanza”), piuttosto che un ritorno alle radici con “Viagge dent’ e fore”, o l’intimistica “Di vedetta sul mondo” e la tradizionale “Futurella”, parte del patrimonio tradizionale della musica napoletana. Un album impegnato, da godere e da ballare che va a ingrossare le fila della nostra storica tradizione popolare.
Autore: Francesco Raiola