Sarà pur vero che l’abito non fa il monaco….Però una copertina così scandalosamente brutta non la vedevo da anni! Vabbé, metto da parte i difetti di forma, ho fretta di passare alla sostanza. Reuber, mezzo Klangwart (sempre casa Staubgold, l’altra metà è Markus Detmer), dopo “Anna” e “Ruhig blut” compone in tutta la sua psichedelia elettronica, il suo terzo album solista: “Kintopp”, un termine che in tedesco, anzi in berlinese parlato, sta per sala cinematografica e dove il musicista di Colonia impone la sua programmazione fatta di suoni in luogo delle immagini. In più occasioni riesco a udire gli echi della straordinaria stagione kraut, nella sua sezione più sperimentale: “Walzende Wirrnis” sembra uscita da un vecchio disco di Moebius e Rodelius, “Tangwald” potrebbe essere la versione moderna di “Rubycon” dei Tangerine Dream. La sensazione è di un disco composto e suonato all’inizio degli anni settanta, rispolverato e proposto soltanto oggi tipo messaggio in una bottiglia. “Kintopp” è un disco maturo che venera il passato senza retorica e senza nostalgia: l’elettronica è l’arte del terzo millennio. In ogni caso Reuber non perde il senso dell’orientamento e scende con i piedi per terra: “Tanz mit mir” e “Bosewicht”, che sono parte di un unico pezzo, sembrano un invito a seguirlo durante uno svago momentaneo, composto di effetti minimali spalmati su di una esuberante sezione ritmica a galla su di una corposa e caotica danza tribale! Così anche brani come “Fur Immer”, verso la fine danno la sensazione di spezzare il disco in due parti. Viceversa, v’invito a lasciarvi trascinare dalle intense melodie del brano di chiusura, “Schlusskuss”, che, titolo impronunciabile a parte, segna, insieme al resto del disco un’altra piccola nota di merito al coraggio della Staubgold. Congratulazioni!
Autore: Luigi Ferrara