Metti i Karate negli studi olandesi della Konkurrent per realizzare il dodicesimo episodio dell’ormai leggendaria serie “In the fishtank”: cosa ne esce fuori, secondo voi?
Lo so – malelingue! – che già state a pensare: “che palle, sarà qualche interminabile masturbazione mentale di jazz rock improvvisato”. E invece no, signori. Il trio di Boston – che ci crediate o meno – è ancora capace di stupire.
I Karate scelgono di aprire il cd con un’inaspettata cover della celebre “Strange Fruit” di Billy Holiday, canzone-simbolo sulla schiavitù nei neri negli Stati Uniti. E le note della chitarra di Geoff Farina si trascinano lente, come lacrime che solcano il viso.
Decidono poi di coverizzare anche Bob Dylan (“Tears of rage”), ma soprattutto si lanciano in un vero e proprio atto d’amore verso i Minutemen (probabilmente la band underground più amata dai musicisti rock di ogni dove), di cui riprendono addirittura quattro brani!
Ed è proprio da questi episodi che vengono le sorprese più gradite: Farina e soci ritrovano la grinta che sembrava essere stata riposta in soffitta, lanciandosi con rinnovato vigore in schizzatissime schegge punk-jazz-funky firmate D.Boon e Mike Watt.
Più in sintonia con i percorsi musicali più recenti intrapresi dalla band, chiude il CD la lenta, drammatica “A new Jerusalem”, la cui versione originale – anche lì posta in coda al disco – è nell’omonimo primo disco solista dell’ex Talk Talk Mark Hollis.
Ecco il cd che nessuno si aspettava: un disco dei Karate che rischia di mettere d’accordo i fan della prima ora e quelli subentrati dopo l’”ammorbidimento” jazzy degli ultimi anni…
Autore: Daniele Lama