Da quando il punk ha smesso di essere davvero sovversivo e pericoloso (dalla fine degli anni Settanta, in pratica) esso è divenuto, nel migliore dei casi, semplicemente trasgressivo ed irriverente, nel peggiore dei casi un po’ volgare e basta. Ed orgogliosamente volgari i Wonderfools lo sono senz’altro: dunque se è semplicemente questo che voi chiedete al punk, accomodatevi pure.
Le tette ed i culi delle ragazze pon-pon di cui il booklet di Future Classics è imbottito, la foto centrale in cui scherzosamente interpretano in chiave trash (con tanto di gestacci e tranci di pizza sul tavolo: bella idea, però…) “l’ultima cena” dipinta da Leonardo, le lyrics beatamente lussuriose ed il pretenzioso titolo dell’album non ci scandalizzano di certo: piuttosto strappano un sorriso ed un po’ di commiserazione. Come la loro musica, del resto: cali-punk melodico e velocissimo senza sussulti: 12 tracce leggermente riverniciate in chiave street-rock prive di grandi trovate o singoli efficaci, il tutto per un totale di 35 minuti che passano e non lasciano traccia nei nostri ricordi. Presentano qualche vaga affinità con gli svedesi Gluecifer (che restano in ogni caso su ben altri livelli) e con i Green Day (‘Big in Japan’).
Ci si attenderebbe forse qualcosa di più da un quintetto giunto al proprio terzo disco, ma i Wonderfools, provenienti da un microscopico villaggio della Norvegia di nome Grua e sotto contratto per un’etichetta svedese, vogliono in realtà soltanto far casino: non vedono l’ora di partire in tournèe attraverso l’Europa e sballarsi tutte le sere a scrocco, e questo è quanto, vogliamo credere; se invece volessero fare sul serio, beh… il loro street punk, di strada, ne deve fare ancora parecchia.
Autore: Fausto Turi