Mia Doi Todd fa la cantautrice sin dagli anni in cui era studentessa all’Università di Yale. Il suoi primi tre album, “The Ewe and The Eye” (1997), “Come Out of Your Mine” (1999), e “Zeroone” (2001), hanno un sound esclusivamente acustico. Il suo quarto lavoro, “The Golden State”, prodotto da Mitchell Froom a Yves Beauvais in casa Sony/Columbia Records, è una raffinata collezione di tutte le sue più “eleganti” canzoni. Quando il contratto con la Sony non le fu più rinnovato, Mia ha trovato il modo per tornare al mo(n)do indipendente” ( degli esordi ) firmando per l’etichetta di Los Angeles Plug Research. Questo passaggio ha fatto sì che nascesse il suo quinto lavoro, “Manzanita”.
Manzanita è il nome che gli Spagnoli hanno dato ad una pianta dai fiori piccoli e ben formati che cresce lungo la costa pacifica della California e che somiglia a un piccolo albero di mele.
Mia ha collaborato con artisti del calibro di Dntel, Beachwood Sparks, Dj Nobody, Adventure Time, Folk Implosion ed altri. Ed è proprio Brent Rademaker (Further, Beachwood Sparks, Frausdots), produttore del suo primo lavoro, che dopo aver ascoltato i suoi demos, ha aiutato Mia a produrre nuove canzoni.
Quando cominciò come artista, Mia, avrebbe voluto parlare di natura, di primi amori, riscoprendo in se stessa un ruolo che sposasse in pieno le tradizioni di un(a) folksinger come William Blake, Joni Mitchell, Leonard Cohen, Sinead O’Connor; tradizioni che permangono in canzoni come “The Way”, dove emergono suoni interessanti, ma un motivo che ricorda molto il primi Cranberries, quelli di “Zombie” (si pensi al ritornello “woe woe woe woe is we”). Anche i testi risentono di questa influenza: “We built our house of cards on ignorance, / a landfill of deceit / We’re junking bonds; we’re dropping bombs / we’ve made by guzzling gasoline”.
Sono molte le canzoni, solamente voce e chitarra, o voce e piano, che esprimono il processo di crescita come songwriter di Mia Doi Todd. Canzoni in cui un ricercato ed esclusivo mix di chitarre acustiche e classiche, accompagnate da piano e bongos, esaltano una straordinaria voce: “What if we do, “My Room is White”, “Muscle, Bone & Blood”, “Luna Lune”, “I Gave You My Home”.
Musicalmente molto interessante è “Tongue – tied”: una genuina ballata “mediterranea” con vene pop brillantemente disegnate da un “eccentrico” mandolino accompagnato da chitarre elettriche e handclaps. Una chitarra acustica, una elettrica, piano & organo, sassofono, percussioni, batteria e basso, compongono un meraviglioso arrangiamento musicale per “Casa Nova”, dal genuino sound ska. “The Last night of Winter”, inizia bene, con un ottimo sound pop ma finisce per rimediare una già ascoltata combinazione batteria – chitarra, che sa troppo di cliché.
Todd, ha una voce curiosa che cresce ad ogni canzone, quasi succosa, precisa, folky… che infila insieme meditazioni sul sesso, sulla morte, sulla metafisica. Un disco che, come ha osservato l’LA Weekly, trasforma le nostre follie, dilemmi e miserie in un bellezza catartica.
Autore: Ciro Calcagno