Metallari pesanti e pop-stars buone per pubblicità di saponette: questo, a uno sguardo superficiale, sembra aver offerto musicalmente la Danimarca negli ultimi anni. Niente a che vedere con i risultati frattanto raggiunti dai cugini scandinavi: la multiforme avanguardia espressiva di norvegesi e islandesi, la prolificità – stilisticamente più standardizzata – degli svedesi e, allargando il campo, la sporadica frammentarietà del panorama finnico. Sorprende trovare quindi idealmente stampata la croce bianca su sfondo rosso della bandiera danese su un disco targato Leaf, l’etichetta londinese che in campo minimal-experimental – più o meno elettronico – dice validamente la sua già da un po’. Così come sorprende trovare la mia firma in calce a un disco di siffatta “commerciale” provenienza e, in generale, sempre più insopportabilmente tra i piedi.
Efterklang (un quintetto, più un sesto alle prese con le “visuals”) in lingua madre sta per “riverbero” – letteralmente: “dopo-rumore”. Echi di lontane asperità sonore, che però hanno ormai già trovato stabile sede in complesse e raffinate strutture in cui auliche e sfumate espressioni vocali (maschile e femminile in alternanza, più un coro groenlandese in sottofondo) e curvilinee melodie di archi, fiati e drones chitarristici vengono parcellizzate da glitches e micro-suoni affini. Un suggestivo connubio tra l’impronta cameristica dei Rachel’s, la corrente dreamy e cinematica, di provenienza perlopiù islandese (Sigur Ròs, Mùm), capace di intelligenti sinergie tra strumentazione rock, classica ed elettronica – anche se manca la connotazione fiabesca che, in parte, tipizza tale corrente – e la bucolicità di certa “nebbiosa” post-rock ambience albionica.
Tale sovrapposizione fa sì che “Tripper” (debut album della band danese se si esclude “Springer”, self-released e solo entro i confini nazionali) scorra come un omogeneo flusso discreto di suoni, carichi però di toni intensi e drammatici, che taglia in linea retta possibili alti e bassi, sì da manifestarsi come un lento ma costante cammino tra brumosi sentieri nordici, senza però mai impantanarsi negli acquitrini della retorica stilistica che tale sound può fornire in guisa di facili assist a porta vuota. Un disco intelligente come il pubblico esigente vuole, ma anche accessibile a un pubblico meno consapevole, meglio se adulto.
Autore: Bob Villani