Sly and Robbie costituiscono una di quelle coppie-mito che mai riusciresti a scindere senza rompere il giocattolo. Picchiano ancora con classe, i due, sul massiccio groove ragga, a 29 anni di distanza dall’esordio. Con classe, si scriveva, ma con decisione (bastone e carota): si tratti di “bruciare” un’altra dance hall o di somministrare dolcificante per orecchie sottoforma di cover. Per l’appunto senti “Here comes the rain again”.
So baby talk to me di beat fumanti e ragazzette nella pancia del ritmo come Miraf Wondwossen: relax sessuato, da ri-ascoltare con attenzione.
Il progressive reggae di un tempo si è rifatto una vita. Ora suona più “da studio”, digitalizzato e curatissimo nel gioco di balance. A produrre lo storico duo è una leggenda d’n’b come Bill Laswell, uno a cui non dovrebbero far pagare le tasse per benemerenza. Molti gli spigoli dub oriented, che non girano quasi mai a vuoto (forse “Rhythmotor dub” un pochino). A dare un prezioso contributo – ma qual è il prezzo medio di una featuring “importante” sul mercato? – concorrono Black Thought (The Roots), Killah Priest (Wu Tang Clan), Sussan Deyhim (Peter Gabriel e Jah Wobble), N’Dea Davenport (Brand New Havies).
Brano selezionato per voi: “Around The Sun”, quinto pezzo.
“Version Born” è una natura morta alla Morandi, che però licenzia i colori ruvidi per impellicciarsi elegante dei tecnicismi degli ex enfant prodige di Peter Tosh: come definizione fa un po’ pena, ma sentire questo disco nel periodo compreso tra la terza e la nona traccia ha ispirato proprio questo. Brutto segno?
Autore: Sandro Chetta