Forse gli si può concedere anche 5 anni di riposo discografico ai No Means No: innanzitutto hanno una certa età – anche se sul palco non la dimostrano, rifilando punti su punti di energia a musicisti con metà delle loro primavere; e poi non ci siamo mica stancati di ascoltare, dimenarci e schitarrare nell’aria il recente super-best of “The People’s Choice”; e soprattutto, come serbatoio di tale raccolta, abbiamo tonnellate di materiale passato da (ri)ascoltare: materiale che non sforerà mai fuori dal registro stilistico di volta in volta vigente (perchè ne sarà sempre sovraordinato) né affaticherà l’ascolto. Tant’è che Rob e John Wright ed Andy Kerr hanno da un po’ intrapreso un bel giro di ristampe (il magazzino dischi dopo un po’ si esaurisce – perché quelli dei No Means No vendono, e bene): dopo il debut album “Mama” (altrimenti introvabile sul serio) e “Wrong”, tocca al relativamente recente (1998) “Dance of the Headless Bourgeoisie” – che pare sia stato all’epoca stampato con back-cover e front-cover invertiti (!!) – che coglie i tre nel pieno di una parabola artistica che vede compiuta la sintesi tra la furia dei Dead Kennedys e le iperboli di un Frank Zappa. Potremmo chiamarla maturità, ma chi ha potuto ascoltare “Mama” converrà che i No Means No acerbi non lo sono mai stati. Le cose vengono così rimesse al giusto posto (oddio, i testi di ‘The Rape’ dove sono?!), e ne parliamo anche se per principio, trattandosi di ristampa, non dovremmo. Ma i Wright Brothers non sono i Nourallah Brothers – tanto per fare un esempio e con rispetto parlando –, e quindi bando ai principi.
Oltretutto ci sono ‘Youth’ e ‘Life-Like’ come bonus, per complessivi 70 minuti e passa di arrembaggio sonoro. Mamma mia. Ripartiamo un attimo da “The People’s Choice”: un’opera così tanto apprezzata, eppure così paradossalmente inconcepibile per la circostanza, necessaria, di aver lasciato fuori da questa episodi assolutamente imperdibili. I No Means No se ne sono lavati le mani affidando la scelta ai fans, ma davvero non vorrei essere nei loro panni mentre si ritrovano tagliati, magari controvoglia, il punk isterico di ‘This Story Must Be Told’, l’hardcore burlone di ‘I’m an Asshole’, il funk-metal di ‘Disappear’, l’epica e monumentale (quasi 10 minuti) ‘The World Wasn’t Build in a Day’, la violentissima ‘The Rape’, tutte presenti qui insieme alle viceversa selezionate ‘I Can’t Stop Talking’ e ‘Give Me the Push’.
Passi falsi? Neanche l’ombra. E se devo dirvela tutta “Dance of the Headless Bourgeoisie”, e in generale il sound dei No Means No con esso, è una sequenza di brutti cazzotti nello stomaco, da ognuno dei quali si esce però ogni volta più forti e saldi di prima. E’ un mistero, lo so, ma è forse proprio questo il segreto del valore aggiunto della ditta Wright, Wright & Kerr, ruvidi come degli scaricatori di porto ma geniali come nessun altro. Scommessa: molti di voi faranno ripartire questo disco dopo la sua conclusione. Ed è una scommessa alla quale dò una quota molto, molto bassa…
Autore: Bob Villani