Aveva tanto da comunicare il signor Caverna e così ha deciso di non lasciare neanche un brano nel cassetto, ma di pubblicare un doppio, con diciassette canzoni. Scelta non comune e soprattutto non facile di questi tempi, dato che molti pubblicano album con più di dieci canzoni, di cui sono decenti soltanto tre o quattro. Ovviamente questo non è il caso di Nick Cave, uno dei massimi cantautori rock della scena internazionale, che non sbaglia un colpo. In effetti questo splendido doppio album è senz’altro uno dei più bei dischi di Cave, al pari come intensità di “Murder ballads” e dello stesso penultimo “Nocturama”.
I Bad Seeds poi, nonostante la dipartita di Blixa Bargeld, hanno dimostrato ancora una volta di essere la più grande backing band del mondo, insieme alla E Street Band di Springsteen. “Abbatoir blues/The lyre of Orpheus” è l’ennesima testimonianza del percorso artistico ed umano di Cave, nel quale sono sempre meno presenti i temi maledetti e noir, e preferisce ora concentrarsi sulle relazioni interpersonali. Gli stessi temi mistici di “No more shall we part” sono stemperati e sostituiti dagli splendidi cori gospel della London Community Gospel Choir, in particolare nella orchestrale “There she goes, my beautiful world” o nei richiami coheniani di “Abbatoir blues”. Altro elemento cardine di questo lavoro è il soul-rhythm’n’blues, che quando non si incrocia con il rock più infuocato alla maniera dei Bad Seeds (“Get ready for love”), assume la coralità di “Carry me” e “O’ children”. “Cannibal’s hymn” è il brano più ammaliante; un brano che si trasforma caratterizzato dall’ambivalenza di un iniziale cantato come filastrocca, accompagnato da una sola chitarra con wah-wah serrato, per poi crescere grazie all’ingresso di tutti gli altri strumenti diventando melodico con l’organo hammond che nel finale primeggia. L’ultima annotazione è per “Breathless” per la sua semplice, e proprio per questo entusiasmante, capacità di ammaliare e di conquistare anche i cuori più duri.
Autore: Vittorio Lannutti