Molti gruppi blues americani hanno deciso in tempi recenti di proporsi con un assetto scheletrico: il trio chitarra-chitarra-batteria per Demolition Doll Rods e Blues Explosion, il semplice duo chitarra-batteria per Bassholes, Immortal Lee County Killers, Black Keys, 20 Miles e White Stripes; ma è con Jawbone che questa tendenza viene portata alle estreme conseguenze, poichè dietro la sigla si cela addirittura una-sola-persona che ha registrato le qui presenti 14 tracce d’esordio nella cantina di casa sua a Detroit suonando live, quindi in contemporanea, una chitarra slide, un’armonica ed una percussione a pedale (per la precisione i due pedali della batteria: la grancassa ed il piatto…).
Il risultato è la musica ideale da portare con voi al prossimo rito voodoo nei boschi del Mississippi: un ruggito primitivo che rispetta la regola delle 12 battute blues ma calpesta tutte quelle del music business contemporaneo, come ad esempio l’esigenza di essere “moderni” e alla portata dei teen-agers. Se siete delle schiappe di diciott’anni, dunque, state attenti: nella musica di Jawbone non vuole esserci alcuna operazione di svecchiamento del blues, nè tantomeno la volontà di suonare punk-blues condito con Elvis Presley come fa Jon Spencer, e questo per un semplice motivo: nella cantina di Jawbone il punk non è stato ancora inventato, e probabilmente neppure Elvis è ancora nato!
I riferimenti di Jawbone sono piuttosto gli antichi bluesman neri che suonavano nelle bettole seduti su una seggiola come fa lui: Lightning Hopkins, Robert Johnson, John Lee Hooker, Leadbelly. La voce ringhia nel microfono allo stesso modo dei suddetti, l’armonica e la chitarra sono suonate da dio, il tamburo è volutamente primordiale, il suono è grezzo come quello che usciva dagli antichi transistor settant’anni fa, il blues è caotico, trascinante ed intenso al massimo grado possibile.
Durante un giro promozionale in Gran Bretagna, Jawbone è stato invitato a registrare alla radio da John Peel per la BBC, e questo potrebbe essere un buon trampolino di lancio per lui; diverte infine osservare che la microscopica etichetta Loose abbia persino estratto un singolo dal disco: ‘Hi-de-fi’: un sozzissimo blues (ma c’era l’imbarazzo della scelta…) che sarebbe stato perfetto come canzone dell’anno ma… nel 1938, al massimo!
Autore: Fausto Turi