Approdano alla Touch and Go, i Pinback. Nati come un “passatempo” di due artisti in libera uscita dai rispettivi gruppi, Armistead Burwell Smith IV (3 Mile Pilot) e Rob Crow (Thingy e Heavy Vegetable), sono ormai in tutto e per tutto un progetto full-time, con tre LP all’attivo.
“Summer in abandon” è sicuramente il loro disco più lineare e coerente, in cui i due si esprimono con un suono ormai personalissimo, un vero e proprio “marchio di fabbrica”.
Il ritmo è quasi sempre sostenuto da un riffing di chitarra secco, incisivo, nervoso. Assolutamente avvolgente.
Le voci s’intrecciano, s’accartocciano, s’espandono aprendo squarci melodici imprevedibili, sfuggenti, preziosi. Sullo sfondo, pronti a balzare in primo piano, spuntano di tanto in tanto un piano (“Non photo blue”, “Syracuse”), un synth (“The yellow ones”) o una drum machine (“Fortress”).
Le canzoni dei Pinback sono discrete, scorrono in un flusso costante e pacato. Incuranti del fatto di poter rimanere mero sottofondo.
Non hanno nessuna intenzione di essere appariscenti, né di attirare l’attenzione dell’ascoltatore con arrangiamenti bizzarri, soluzioni enfatiche, effetti speciali. Si susseguono una dietro l’altra, “a bassa voce” (a parte giusto “AFK”, la più energica), e ti ci ritrovi immerso fino ai capelli e manco te ne accorgi.
Certo ce ne sono alcune, di canzoni, che di restare nella penombra non hanno nessuna intenzione. E’ il caso della su citata “Syracuse”: un viaggio breve e intenso tra improvvise accelerazioni, un ritmo che ti lascia col fiato sospeso, un vortice irresistibile di voci, chitarra elettrica, chitarra acustica, piano. A dimostrazione che, quando vogliono, i Pinback sono capaci di rapirti come pochi altri.
Autore: Daniele Lama