Personalmente avevo lasciato Daedalus a trastullarsi con raffinatezze downbeat e stramberie d’antiquariato jazzy (“Invention”, Plug Research, 2002). Lo ritrovo (con la promettente neo-nata label Laboratory Instinct) lunatico alchimista di suoni, spericolato musicista-frullatore di campioni, brusii sintetici, beat e voci apparentemente inconciliabili. “A gent agent” è un cocktail di peripezie drum ‘n’ bass (“Clock and dugger”, “Turncoats and tourniquets”) a rotta di collo, intramezzate da briciole di melodie estrapolate da chissà dove e ri-contestualizzate in scenari surreali; corposi beat hip-hop accarezzati da malinconiche note di piano (“Clock and dagger”); archi sognanti incastonati in stilosi cut ‘n’ paste ritmici (“A.k.a. also known as”); sexy funk de-strutturato (“Femme fatale”); azzardati accostamenti tra un Charlie Parker campionato, archi d’altri tempi e contorsioni ritmiche (“Escape Artist”); blasfemi accostamenti (“Desperate Measures”) tra stridori digitali e l’immortale melodia di “God only knows” (Beach Boys, Pet Sounds, 1966).
Daedalus si diverte a rimescolare continuamente le carte in tavola, producendo un turbinio sonoro che non è mai uguale a se stesso neanche per pochi secondi. Astenersi appassionati di minimalismo e staticità.
Autore: Daniele Lama