Canadesi? Non direi. Un’autorità che ponga restrizioni alla fantasia nello scegliere un bandname, lo abbiamo già visto, non esiste. E fortunatamente ci tocca badare ai contenuti dei dischi che ci piovono periodicamente sullo stereo. Vi impongo, peraltro, questa parentesi sull’effetto-inflazione a cui chi scrive è soggetto (credete che frequenti abitualmente negozi di dischi? Mmmh, siete già fuori strada), e il rischio, connesso, di lasciar passare “indenni” da un buon commento album per i quali varrebbe la pena spender buone parole. Ma le antenne, fine Giugno 2004, europei o non europei di calcio di mezzo, sono ancora su, belle dritte (l’inflazione porta allenamento come effetto collaterale positivo).
Ed ecco che per un album come “Satanic Panic in the Attic” i neuroni sono puntuali sui blocchi di partenza per elaborare la versione verbale del linguaggio sonoro degli Of Montreal, una band che forse avrà anche fatto parte dell’Elephant 6 collective, o forse no, ma che di quell’esperienza reca tutti i lineamenti. Dal recente passato si può tirare fuori pop ultra-aereo, melodico e vagamente “tastierato” dei Quasi (l’incipit del disco rasenta l’inequivocabilità) o di alcuni alfieri della Shifty Disco (i cui dischi da un po’ non ci arrivano…), ma è chiaro che, per un’esegesi completa, bisogna risalire molto di più la corrente della storia.
Beach Boys, innanzitutto (e quasi ovunque). A parte i cori, è già la stessa voce di Kevin Barnes (che suona praticamente tutto su questo disco) che, nelle sue tonalità alte, è già di per sé one-voice-chorus. E le melodie – ‘Rapture Rapes the Muses’, ‘Erroneous Escape into Erik Eckles’ e soprattutto la bacharachiana ‘Climb the Ladder’ – brillano di limpidezza cristallina (e non parlo di pulizia del suono). Ma attenzione, la faccenda 60s si allarga anche alla Gran Bretagna beat-mod di allora (Ray Davies?), configurando quella bolla spazio-temporale il cui brevetto sembra essere blindato ad Athens e dintorni. Tre quarti d’ora di sole diffuso e continuo, apparentemente appiattiti su una formula ben riuscita. Ma forse il segreto, ancora una volta, è proprio qui, nell’uniformità…
Autore: Bob Villani