Rock’n’roll. Ora e sempre. Qualcuno può per favore alzare la mano e dire di averne abbastanza? Certo, il rock’n’roll (“il”, e nessun altro prefisso), come ogni altro genere, può sicuramente trarre nocumento da chi ne fa un facile escamotage per tentare la scalata al successo secondo quelli che al momento sono i dettami dell’industria. Non è questo il caso, per fortuna. E già che ci siamo viene in mente che si sono piuttosto rarefatte, negli ultimi tempi, le releases della Chemikal Underground, che sembrava – e non parlo di epoche fa – sembrava dover spaccare il mondo.
D’altronde queste “ragazzacce di fiducia” rappresentano un’eccezione nel microcosmo dell’etichetta dei Delgados, che pur non essendosi mai fatta paladina di suoni discreti, non ha mai scavato così dentro le radici del rumore. Ed eccoli, John McFarlane e Anthony O’Donnell. Uno e due, chitarra e batteria, come i White Stripes (però m/m) e gli Immortal Lee County Killers. Quasi a far capire che in questo campo le cose buone sono quelle ridotte all’osso, anche se pur sempre con qualche brandello di carne ancora attaccato vicino. E che carne.
L’iniziale ‘That’s Right… That Cat’s Right’ è un uragano blues-punk che può dare un’idea di quanto si sia eccessivamente ammorbidita la Blues Explosion con “Plastic Fang”. Fobia, perversione, insano caos ma anche il dovuto equilibrio “anti-random”: gli Sluts of Trust, se non lo stanno già esplicitamente cercando, non hanno nulla da temere da un compito quale può essere quello di raccogliere il testimone blues-core, orfano di mani, dei Jesus Lizard.
E credete forse ancora che questi due scozzesacci abbiano timore di profanare un verbo sacro come quello di un Jimi Hendrix? Beccatevi ‘Piece of You’ o ‘Tighter Than the Night’ e fateci sapere. E chiamatelo camaleontismo, scimmiottamento o come volete, ma anche l’interpretazione vocale di questi brani, nell’uno e nell’altro caso, sembra non faticare a impersonare i relativi riferimenti. E intanto i riff si sporcano sempre di più, finchè non si apre, con ‘Dominoes’, uno squarcio di melodiosità lirica ma non sdolcinata (quasi morrisoniana, anche stavolta pure nella voce) che, dopo i furiosi amplessi e percosse, ridona al gentil sesso – quasi naturale destinatario di queste 10 canzoni – le carezze della quiete e della riconciliazione cosmica. C’è ancora tempo per un paio di ceffoni (‘Meanwhile in Rocksville’, violentissima, e ‘Pirate Weekend’), poi, col silenzio, potete “finalmente” farvi medicare…
Autore: Bob Villani