Ancora new-folk. Ancora le foreste del north-west. Saga infinita, tanta è la dose di creatività e l’urgenza espressiva del nugolo di acoustic (o quasi) freak che gravitano intorno alla K records e alla figura di Phil Elvrum, virtuale capo carismatico di questa che sembra avere tutti i requisiti di una scena, in buona parte ospite su quest’album che è un best-of dei brani eseguiti da Jason Anderson nell’ambito delle live performance tenute nel 2003: Mirah, Adam Forkner, Khaela Maricich (aka The Blow) e, immancabile, il citato ex-batterista degli Old Time Relijun. Una scena di cui abbiamo apprezzato le relative produzioni quasi esclusivamente negli episodi in cui ha saputo dimostrarsi aperta ad altre “sorgenti” (psichedelia “soft”, elettronica). Epperò è il caso, con “New England”, di sollevare la fatidica eccezione che conferma la regola. Disco nel quale, benchè sia inequivocabile il monopolio della sintassi folk, i risultati sono vari oltre che apprezzabili.
Se l’iniziale ‘For Kyle’, nella sua acustica bassissima fedeltà, sa quasi degli albori musicali degli Appalachi, nella successiva ‘Pen Pals’ fa il suo ingresso il folk-rock “silvestre” di Mr. Neil Young (che tornerà, quanto a ispirazione, in ‘The Moment’ e nella conclusiva e serena ‘Christmas’). La varietà di Anderson consiste nell’affidarsi non esclusivamente agli arpeggi di chitarra acustica (quelli protagonisti di brani come ‘I Swear I Am’ e ‘I Want My Summer Back’), ma nel saper maneggiare tanto una soffusa elettricitità quanto, soprattutto, un gentile pianoforte.
E poi la voce. Ora spettrale e sussurrata (‘You Fall’, in duetto con Elvrum, e ‘Thanksgiving’, scritta e donata dallo stesso Phil), ora pronta a squarciare la timidezza strumentale dei brani (la già citata ‘I Want My Summer Back’), ora tendenzialmente parlata e recitativa (‘Hold On’, cui fa da sfondo un coro quasi-gospel). E non è finita. ‘A Book Laid on Its Binding’, scritta da Joe Knapp (Omaha’s Son, Ambulance – nonché tourmate di Jason) ed eseguita in duetto con Mirah, è un’anima che s’infiamma di fronte a un tiepido tramonto, mentre ‘So Long’, forse il brano più significativo, irrompe trionfale e luminosa con un “fortissimo” (per dirla alla maniera della musica classica) di piano e uno scroscio di piatti, mentre le corde di Jason vibrano tutte sulla stessa nota. Nient’altro da dire. Solo un lungo applauso da effondere.
Autore: Bob Villani