Il nome è quello di un piccolo paradiso corallino del Pacifico devastato, “per il bene dell’umanità”, da esperimenti atomici americani negli anni del secondo dopoguerra. Tanto era disabitato, checcefrega? Meno nozioni invece posso darvi sulla provenienza di Joe Gideon, mastermind di questa band. Evidentemente non è rilevante se non compare in biografia. Magari tale ricerca ce la riserviamo per quando i Bikini Atoll faranno drizzare un po’ più di antenne.
Nel frattempo “Moratoria” (e dagli co’ bombe, guerre…) fa la sua bella figura, e non solo in seno alla label di Robin Guthrie. E’ vero che di post-rock e affini ne abbiamo un po’ le tasche piene, ma già con gli Immense, di recente, ci siamo resi conto che esiste un modo meno geometrico e più emotivo di forgiarlo. Bando ai meri esrcizi di stile, dunque, specie se ci si avvale del cantato e se questo serve a trasmettere tematiche sì interiori ma che hanno a che fare con elementi del mondo esterno, sì da dar vita, nel caso in specie, a vere e proprie ossessioni.
Fiera dell’angoscia allora? Non direi, pur mancando sicuramente impliciti tributi a una maniera solare di intendere musica e vita. “Moratoria”, nel far suoi anche lezioni di anglo-new-wave e contributi marginali di elettronica, riesce, con i suoi climax, i suoi chiaroscuri, a trasfondere in musica le confessioni di un uomo, i suoi fantasmi, i suoi incubi, i suoi sogni. Non spaccherà, insomma, ma tra sincerità vera e a buon mercato una volta tanto è la prima via quella che viene imboccata.
Autore: Bob Villani