Un salto indietro con tutti e due i piedi. Una capriola negli eighties. Nostalgici dell’heavy rock di una volta, unitevi. Questo disco fa per voi. L’ottava prova lunga della band tedesca finalmente vede la luce, a tre anni di distanza dal precedente “Endangered”. I tempi di lavoro si sono allungati a causa della distonia focale (una sorta di tendinite) che ha colpito alla mano sinistra il chitarrista Alfred Koffler e che ancora non gli consente – e probabilmente non gli consentirà mai più- di reggere da solo le parti dal vivo.
E se l’attesa in studio è stata ripagata da una produzione molto accurata, sul palco invece serve un aiuto. La necessità di rispettare gli impegni programmati per il 2004 (un tour in Europa con gli Axxis e forse in Giappone da headliner) ha portato ad ufficializzare l’ingresso nel gruppo di un quinto elemento, il chitarrista Uwe Reitenauer che aveva già suonato con i Pink al “Bang Your Head” festival 2003. Per il resto, Dennis Ward al basso (also producer) e Kosta Zafiriou alla batteria assicurano la spinta giusta, e anche il vocalist britannico David Readman sembra essersi scrollato
definitivamente di dosso l’ombra di Andi Deris.
E ora veniamo all’album in questione: non posso dire che sia brutto ma -nonostante gli accorgimenti tecnici e strumentali- suona di vecchio, e la qualità delle composizioni non aiuta certo a risollervane le sorti. Le canzoni si fanno ascoltare. Però in quanto a songwriting siamo su valori medio-bassi. Nascere nell’87 non significa doverci rimanere a forza. Incisi e aperture rubacchiati a quattro palmenti dai Savatage (“Carnaby Road” e “Here I Am”) e riff che s’ispirano anche agli ultimi -peggiori- Helloween
(“Gods Come Togheter”). Per le ballate avrei scommesso su citazioni alla Scorpions, invece qui si pesca nel repertorio bongioviano (“That Was Yesterday”). Di non tipicamente germanico c’è anche una “Another Wrong Makes Right” che ricalca un tantinello lo stile Queensryche. Il brano
migliore è una cover di “My Sharona” dei Knack. Non c’entra molto, anzi niente, con le atmosfere che caratterizzano questo lavoro, ma è sempre un classico. Inserito in quale contesto, francamente lo ignoro. Comprare? Se proprio volete farvi del male… Sennò risparmiatevela ‘sta spesa.
Autore: Antonio Mercurio