Cosa spinge un affermato producer di musica elettronica tedesco (due album, “Higher than the funk” e “Great Delay”, con la prestigiosa K7!) a gettarsi a capofitto nelle fanfare balcaniche?
Il richiamo delle origini, ovviamente! La famiglia di Stefan Hantel / Shantel è originaria di Czernowiz (che le attuali convenzioni geo-politiche fanno rientrare nei confini dell’Ucraina), ed è proprio in occasione di un recente viaggio da quelle parti (durante il quale si è poi spinto oltre, fino alla Romania) che a Stefan è venuta la brillante idea di portare un po’ della sana, esuberante, scoppiettante musica di quelle parti nella composta e austera Francoforte.
Il richiamo delle origini, dicevo, ma (probabilmente) non solo. Il furbo Shantel ha ben pensato di cavalcare il sempre fruttuoso trend (che fa molto radical-chic) della passione “da salotto” per la world music.
La musica balcanica è stata in qualche modo sdoganata dai film di Kusturica (dai quali è inscindibile il successo di artisti come Goran Bregovic, ovviamente incluso in questa disco), e i flirt tra musica elettronica e tradizioni popolari sono un filone che si è rivelato fruttuoso (dall’exploit dei Gotan Project alle più becere raccolte chill-out): ecco quindi la compilation giusta al momento giusto.
Per fortuna Shantel ha ideato questo disco con lo spirito del purista, o quasi. Non si è arrischiato in improbabili contaminazioni tra il suono prodotto dalle sue belle macchine e il sudore etilico dei suonatori macedoni, tra i puliti suoni digitali e la prorompente carica degli ottoni e delle casse roboanti. Lui ha semplicemente raccolto, e i pochi esperimenti electro-etnici del disco non stonano affatto con le produzioni più “roots”, poiché perfettamente in sintonia con il loro spirito. Apprezzabile, ad esempio, la discrezione con cui il Nostro “ritocca” in maniera impercettibile o quasi la musica dei Fanfara Ciocarlia, o con cui si confronta con la Boban Markovic Orkestar.
Nella raccolta troviamo anche le sbilenche e malinconiche ballate dei Taraf De Haidouks; la Banda Ionica di Roy Paci (con il cantante dei Macaco alla voce); l’interessante esperimento di The Rootsman, che mischia il dub con la taranta pugliese di Rosapaeda; il folk-punk-zingaro (!?) dei Gogol Bordello e il “cocek”, una sorta di danza del ventre macedone, interpretato dalla Kocani Orkestar. Non fatevi ingannare dalla copertina minimale e raffinata, c’è da sudare e da bere per tutti, al Bucovina Club. Per fortuna.
Autore: Daniele Lama