Disco socialmente utile. Ossia – prima di passare al lato strettamente atistico – abbinato in qualche modo a una campagna per la salvaguardia della foresta pluviale australiana (la più antica del nostro pianeta, pare). Lei però è di stanza a New York (con origini in Florida). Già un certo palmares in bacheca, paragoni illustri (dio che bio!!), un tour degli States in corso. Al lato artistico ancora non siamo giunti, anche se – suggerisco – sarebbe più opportuno rendere omaggio a una schiera di soul singers dalla voce squillante (Aretha? ma anche Jimmy Somerville, che non sarà donna ma la voce di Jen curiosamente gli somiglia di tanto in tanto) piuttosto che scomodare la Joplin o la Slick (sempre la sfavillante bio).
Dunque? Bè, poprock-blues senza scosse. Niente di eccezionale, niente di nuovo, ma anche – gusti personali – nulla degno di particolare interesse. Una band al seguito (Bluestruck – noi invece abbiamo i Blue Stuff) che già immagino costituita di onesti session-men vagamente piacioni e auto-ammiccanti (oltre che al pubblico e a Jen, dal cui pugno provengono le canzoni), orecchini-collane-braccialetti fichi d’ordinanza (l’immagine conta), magari qualche treccia di capelli, qualche applauso strappato dal virtuosismo di turno. Lei invece capelli rossi e un pizzico di calcolata aggressività. Bella voce, si è detto. Stop. Dove non c’è gusto c’è perdenza.
Autore: Bob Villani