Il titolo dice già tutto, eppure non ci ero arrivato: le stagioni dell’anno. 5 band dell’etichetta britannica si cimentano nel dare la loro interpretazione sonora del ciclo delle stagioni. Precisazione: le ultime due (90° South e Stylus), la prima con un brano, la seconda con tre, fanno “team” nello svolgimento di questo tema, laddove le tre che le precedono (The Land of Nod, Longstone e Lakescene) consegnano il compito al completo, con 4 brani 4 ciascuno.
Compilation discretamente apprezzabile nel complesso: il lungo viaggio delle stagioni (più di un’ora di musica) della Ochre si rivela un soffice letto sonoro nel quale far scivolare le proprie intime sensazioni, a prescindere da qualsiasi collegamento col tema della raccolta. Pregio ma, al contempo, anche difetto: mancano differenze sostanziali sia tra i singoli artisti/gruppi, sia, nella maggior parte dei casi, tra i brani di ciascuno di essi. Prevalgono sonorità ambientali con marcata inclinazione space (soprattutto i Longstone richiamano ben alla mente le cosmiche fluttuazioni degli Experimental Audio Research), ricche di un indistinto brusio elettronico di fondo (mi viene in mente anche un disco di Joe Goldring a nome Captain Onboard di un paio d’anni fa), frutto di manipolazioni perennemente immerse nel limbo del mistero circa la loro riproduzione (analogico? digitale? synth? computer?).
Unica alternativa è qualche raro brano in cui primeggiano desolati accordi di chitarra di chiara matrice slow post-rock anglo-scozzese. Una buona ninna, se volete, per il resto è difficile essere più raffinati nella lettura di un disco sviluppato, evidentemente, in una strada diversa dalle intenzioni di chi lo aveva ideato. D’altra parte, come si dice, “non c’è più la mezza stagione”…
Autore: Bob Villani