Di tutte le piccole-grandi istituzioni dell’indie-rock tutto la serie “In the Fishtank” resta una delle più valide, lodevoli, concretamente idonee a realizzare, nell’ascoltatore/appassionato, il desiderio di assistere ad una creazione artistica “a briglie sciolte”, meglio ancora se attraverso la coabitazione in sala registrazione di più menti dalle carriere abitualmente separate. Ed è proprio quest’ultimo optional ad arricchire gli ultimi volumi di detta serie: la fusione tra stili, idee, che di solito riscontriamo, idealmente, in forma “sintetica” nell’output di questo o quel musicista, qui lo abbiamo in presa diretta, ed in forma effettiva.
Basterebbe già questo per poter parlare bene “a prescindere” di una simile tipologia di album, se non fosse per la presenza negli studi messi a disposizione dalla label olandese, nella circostanza, di due “pesi massimi” del panorama indipendente, che rende doveroso, da parte di chi scrive, “alzare la posta” per invogliare ulteriormente l’ascolto della presente release.
Dei Motorpsycho si è già detto pressochè tutto il possibile e il dovuto (salvo venir sistematicamente smentiti ad ogni successiva uscita dei tre di Trondheim). Dei Jaga Jazzist (qui presenti nella persona dei soli “fiatisti”) non si può sorvolare sul talento di jazzisti sopraffini, attenti tanto alle imprescindibili nozioni del passato quanto alle istanze più moderne (elettronica inclusa – sennò perché una label come la Ninja Tune se li risucchiava nel proprio roster?!). tanti comunque i motivi per rendere suggestive, già nelle attese, queste sessions: lo stile in perenne evoluzione dei Motorpsycho (ultime tracce rilevate: jazz, west coast, funk, finanche prog), il loro beato “isolamento” (ma proprio i Jagas sono tra i pochissimi a potersi fregiare di averci suonato insieme), il feeling della comune appartenenza a quello che, in fondo, resta un piccolo Paese (pur se già di grande valore musicalmente: la Norvegia).
Attese non tradite. Superate, se possibile, e anche considerate le insidie di un’amalgama tutta da costruire (i 4 Jagas hanno addirittura preso un posto dove provare, fatto unico nella Fishtank-history). 5 brani in cui nulla del valore (aggiunto) delle due band viene risparmiato: dall’approccio free-form alla cura maniacale per i dettagli, dalla coolness “artica” dei Jagas alla recente funkiness dei Motorpsycho, dalla maestria nel forgiare canzoni vere e proprie all’estro procreatore di interminabili jams. Ma siccome in casi del genere 2+2 non fa 4 ma molto di più, ecco che spuntano fuori elementi “nuovi” come il soul scuola-Stax, il kraut dei primi Tangerine Dream o implacabili scorrerie di fiati Coltrane-meets-Pharoah Sanders, ma in qualche modo già in dotazione all’inesauribile cilindro delle due band.
E allora vai con una rapida (necessariamente riduttiva) panoramica su questi brani: ‘Bombay Brassiere’ e ‘Pills Powders and Passion Plays’ mostrano il lato “morbido” dei protagonisti, prima con un dinamico crescendo di jazz aurorale a firma Jagas, poi col Motorpsycho-sound più romantico (il brano uscì già in “Angels and Daemons at Play” del 1997), pur se arricchito dagli ottoni; con ‘Doffen Ah Um’ la faccenda si fa più bollente: la pulsante e nervosa sezione ritmica courtesy of Saether e soci fa da tapis-roulant per le impetuose cascate di fiati dei coinquilini di studio (un grande sfoggio di classe, gente); ‘Theme de Yo-yo’ è la jam soul-jazz-rock che prima o poi – come anticipato – dovevamo aspettarci dai Motorpsycho, ma che necessitava di un’adeguata sezione fiati (…) per materializzarsi.
Chiude ‘Tristano’, la suite psych-jazz come ancora mancava al catalogo “oltre il quarto d’ora” dei maghi di Trondheim, 21 minuti in cui un quasi impercettibile sussurro di ambient drones si trasforma poco alla volta, con l’entrata in scena di tutti gli strumenti (compreso uno spiazzantissimo flauto), in un’orgia sonora che culmina in una sorta di sfida titanica al Sole, tra ipnotici grooves e apocalittiche “trombe del giudizio”. Tre quarti d’ora di puro genio in una serie che di rado ha sforato il mezzo giro di lancetta) per i qauli non possono valere altre parole, ma solo un attento ed estatico ascolto.
Autore: Bob Villani