Consumato il divorzio artistico e sentimentale da Tricky, Martina Topley-Bird si mette in proprio dando alle stampe un lavoro solista maturo e convincente. Per la verità l’ombra di Tricky si allunga sinistra in ben quattro tracce (nelle quali il Kid di Bristol cura il lavoro di programming o la produzione) fino a materializzarsi completamente nell’oscurità morbosa di “Ragga”, standard trip-hop scritto a quattro mani e cantato a due voci come ai vecchi tempi. Ma non di solo passato si nutre il vocabolario espressivo di “Quixotic” e bene lo dimostrano, agli estremi opposti, “Need one” e “Lying”: la prima vede la chitarra di Josh Homme conferire spessore rock alle sfumature vocali di Martina, qui accompagnata pure dall’altro Queens of the Stone Age Mark Lanegan, la seconda è una splendida pop-song fatta palpitare dalle note di moog ed impreziosita dal timido intervento di una tromba.
Tra gli ospiti del disco c’è anche David Holmes, il quale produce “Too tough to die” e “I wanna be there” andando così a saldare un debito risalente ormai a tre anni fa (Martina comparve al microfono in due pezzi di “Bow down to the exit sign”, disco del dj irlandese datato 2000), mentre ai cori di “Soul food” e “I wanna be there” troviamo Petra Jean Phillipson (vocalist nell’ultimo album di David Holmes) e Cath Coffey (già con gli Stereo Mc’s di “Connected” e poi nel giro di Tricky all’epoca del progetto Nearly God).
Episodio debole dell’intera raccolta è “Soul food”, brano r’n’b che viole, violini e violoncelli riducono ad una melassa appiccicosa nella quale Martina cerca faticosamente di galleggiare facendo il verso a Macy Gray; il connubio tra archi e base elettronica dà al contrario gli esiti sperati nella conclusiva “Stevie’s (day’s of a gun)”, tenera e tenebrosa allo stesso tempo.
Il profilo che emerge compiutamente al termine dei 51 minuti di “Quixotic” è quello di un’artista capace di trasformare la propria volubilità in un’arma di seduzione. Ascoltare “Anything” per averne la riprova.
Autore: Guido Gambacorta