Difficile far fronte all’ingente mole di materiale hip-hop/dance ultimamente piovuto alla presente redazione. Forse, però, non c’è modo migliore di questo per poter ergere un seppur labile discrimine tra produzioni buone e meno buone. D’altronde, e non sono io a scoprirlo, la partita di una critica positiva si gioca anche sull’insidioso terreno della relatività, del confronto con lavori simili. Ecco quindi che, nella penuria di materiale di qualche tempo fa, “Spirit in Stone” avrebbe potuto essere un buon disco o, al contrario (dato il quasi-monopolio del marchio Def Jux nell’ambito della citata penuria), un volgare tentativo di “indie-r’n’b”.
Miglior segnalazione a tale proposito ce la dà sicuramente il recente, quasi parallelo lavoro di Lyrics Born: stessa label, stesso accertato approccio alla materia. Diversi risultati. Cercate la recensione, intanto vi parlo di “Spirit in Stone”. L’opening è decisamente incoraggiante, finanche entusiasmante: ‘Soldierfield’ è blaxploitation-funk rappato, con qualche “sospensione” di tensione-intensità a metà brano, ma episodio pur sempre valido. ‘Livin’ Time’ e ‘Head Exercise’ riportano la faccenda nei binari di un hip-hop più attuale e, ancora, di ottima fattura: Mcing incalzante, sfoghi di scratch non invadenti, sincro-sovrapposizioni di voci, qualche funky sample sempre là a fare capolino. Il quartetto (Vursatyl, Jumbo the Garbageman, DJ Rev e Shines), colonia di Frisco presumo, sembra avere le carte in regola. Solo che – dimenticavo volutamente – i brani citati, opening a parte, figurano come 4 e 7 in tracklist. Svettanti tra un imbarazzante assortimento di r’n’b “melodico2 secondo gli odiabili dettami mainstream da consumo indifferenziato. Meno peggio, chiaramente, ma se scelgo Quannum è per un valore aggiunto più consistente.
‘Fa Show’ introduce qualche saample easy-jazz che comunque non scardina il copione dancehall (che frattanto ha preso forma), anzi ne pare funzionale. Nel contempo però dà il “la” all’eterogeneità stilistica della crew: la successiva ‘State of the World/Apocalypse/War’ è una breve trilogia vocal jazz/soul-funk sporco/voci fuori campo ispano-americane. ‘Resist’ è hardcore spinto, sfacciato nel refrain “coralizzato”. Non ci siamo. E oltretutto un’altra brutta notizia si annuncia: il disco va per le lunghe.
L’agonia finale è lasciata a quel reggae che, seppur meno “contaminato” di r’n’b, pure rientrava nel menu stilistico di Lyrics Born. Ci accingiamo all’outro finale. E a un sospiro di sollievo.
Autore: Bob Villani