Space-rock. Psichedelia. Elettronica. Anche se i Grateful Dead non ne avevano bisogno, oggi i due generi implicano, quasi necessariamente, il ricorso a musica non propriamente suonata (e chiudo qui con questa solfa, lasciamo perdere l’eterno dibattito elettronica e non). Il nome su l’avete letto bene (fermatevi a Clayton e avrete il bassista degli U2 – passiamo appresso), le parentesi pure, pur con qualche discrepanza con quanto compare sulla retro-cover del mio promo CD.
Fatto sta che ACM, già responsabile degli Yume Bitsu (“beat di sogno” in giapponese), può essere ammesso nel variegato club di cui all’incipit di questa rece. “Version” (risparmiatemi almeno le parentesi perché questo intende il titolo, dannati loro…) abbonda di atmosfere eteree, di dilatati drones chitarristici, di tanti e tanti effettacci e beat para-analogici che “sfocano” il risultato, configurando il sound complessivo quasi come un miraggio. Un sogno, appunto. Come la stessa voce di Adam, sfumata alla maniera del 60s pop-psichedelico dei Byrds.
Già, i Byrds. Prepotentemente alla carica ultimamente, per mano di nomi quali Shins, Asteroid No. 4 e anche Manitoba, principale rimando a “Version” nei “dati recenti” (della mia testolina, non del mio pc). Ma Byrds è anche folk-pop. Ed è anche qui che volevo arrivare. Perché Forkner è in qualche modo legato ai “tentacoli” di Phil Elvrum, colui che attorno a sé ha saputo radunare una schiera ormai folta di dreamy folkers in lo-fi più o meno acustici (ma anche elettronici: ascoltare qualche beat marziale sia nei Microphones che in Mirah, così come in “Version”). Il sound di Forkner, nel suo mood aurorale, bucolico, comunque tendenzialmente “soft” anziché acido (lo stoner non c’entra un fico secco) o ruvido (neanche lo shoegazer c’entra granchè), sembra affondare qualche radice anche in tale contesto “meno propriamente” rock. Space-folk elettronico? Mi sembra una buona idea. Accetto comunque obiezioni.
Autore: Bob Villani