di Emanuele Crialese, con Filippo Pucillo, Donatella Finocchiaro, Giuseppe Fiorello
Bisognerebbe indagare le motivazioni che portano gli autoctoni a detestare i prodotti della propria terra qualora essi non siano commestibili. Non è solo un caso italiano ovviamente, ci sono molteplici esempi. Caruso non ebbe mai il plauso incondizionato dei suoi connazionali, così come Herzog si lamenta spesso della scarsa ricezione della sua opera tra i tedeschi. È come se la luce bruciante di una stella accecasse gli occhi dei più vicini, concedendosi solo a chi la mira da lontano. È una questione ampia perché ciò impedisce, al contempo, di criticare legittimamente un film concepito nel proprio universo culturale : per questo motivo sembrano attendibili quei registi che svalutano le critiche dei propri connazionali definendole “interessate”. È un meccanismo simile a quello che scatta quando in sala è presente la troupe del film, obbligando i presenti a sottolineare innaturalmente la propria approvazione durante lo spettacolo. Speriamo che il Crialese di Terraferma, in concorso a Venezia, non abbia questa sorte.
Il film è una gemma della filmografia italiana, non perché esente da sbavature, ma perché gli aspetti positivi non hanno molti omologhi nella produzione cinematografica attuale. Il regista di Nuovomondo getta la macchina da presa in un consesso di pescatori lampedusani; stanno discutendo su come comportarsi di fronte agli immigrati che la legge vuole fuori dall’Italia per contrastare l’immigrazione clandestina. Il divieto di proteggere ed ospitare delle persone indifese è un vero e proprio paradosso, un’ancestrale dialettica tra legge positiva e legge naturale. Le immagini vogliono sostituire una sceneggiatura normale, priva di punti esclamativi, e ci riescono brillantemente perchè hanno l’aspetto di un reperto visivo di un mondo mai visto.
Se questo film fosse stato presentato in forma di sceneggiatura da uno sconosciuto sarebbe stato bocciato da gran parte dei produttori. È nelle immagini e nella musicalità di suoni sconosciuti che Franco Piersanti ha regalato al film, che si ritrova una bellezza nuova. Terraferma è un esperienza sensoriale, non concettuosa anche se sembra fatta per essere sbranata in una sede di partito : in realtà è un film ampiamente impolitico. Anzi, di più: tratta del conflitto della politica, ovvero il tratto squisitamente organizzativo insito nell’uomo tipico della civilizzazione, che cozza contro i propri limiti. Crialese in realtà è già oltre il dibattito, sta già edificando su un fallimento.
p.s. unico errore marchiano è il personaggio di Santamaria, colpevolmente tratteggiato in maniera manichea.
Autore: Roberto Urbani