Il regista Palma d’oro e i siginifcati alti di “Tree of life”
Tutti quando andiamo al cinema vorremmo vedere un film che sia stato pensato in maniera sofferta per rispondere ad una delle domande fondamentali. È un vero piacere assistere alla resa dei conti di un regista con i suoi fantasmi, piuttosto che vedere l’ennesima finzione filmata per allietare il pubblico sottoforma di intrattenimento. Non che tutti i film debbano essere fatti in una sola maniera, ma se dietro un’opera si scorge una urgenza lacerante tutta l’esperienza della visione cambia radicalmente natura. The Tree of Life fa parte di questa categoria, è una resa dei conti.
È uno di quei pochi casi in cui si parla di “temi universali”, nel senso preciso che l’Universo è una delle tante location. Ogni elemento tecnico (volgare perché comune alla totalità dei film: tutte le troupe cinematografiche fanno uso di strumentazioni non molto dissimili tra loro), assume qui una dimensione inedita. La musica, quasi un rumore di sottofondo onnipresente, più sacrale che descrittivo, dà valore cosmico ai dettagli; la fotografia non sa avere una inquadratura impostata, di quelle scopertamente frutto di un lavoro materiale. Il Caso, assieme a Malick, o meglio, quest’ultimo servendosi del primo (e attraverso un profluvio di steady-cam) hanno generato questa storia che, pur in tutta la sua struttura irregolare, non disprezza di seguire un normale climax narrativo: il finale è realmente conclusivo, senza buchi da cinema sperimentale.
In “La Sottile linea rossa” la voce fuori campo molestava l’ambiguità dell’opera, verbalizzandola sin troppo, mentre qui si è raggiunto un equilibrio e il commento esterno aggiunge quell’oscurità che sembra scaturire direttamente dal subconscio. The Tree of life finisce in un luogo che non si riesce a ridurre a un desiderio religioso, all’appropriazione umana di spazi ignoti o al puro onirismo: fa a meno dello spazio e del tempo, evitando però di cadere nella cripticità di David Lynch che, a volte, lascia solo un senso di colpa per non aver colto il significato. Con Malick non accade perché ogni suo film racconta proprio questo, la ricerca di significato.
Autore: Roberto Urbani