Muore a 58 anni Maria Schneider stroncata dal cancro. Il cinema mondiale in lutto
La notizia ha fatto brevemente il giro del mondo: Maria Schneider, l’attrice francese, la Jeanne dell’ “Ultimo Tango” di Bertolucci, è morta a Parigi stroncata dal cancro.
Oggi tutti parlano della Schneider e lei stessa non ne sarebbe affatto sorpresa, abituata com’era a quella strana popolarità a fasi alterne che l’aveva accompagnata tutta la vita, della serie o tutto o niente. Una favola amara quella della Schneider, come spesso succede, una fama schiacciante arrivata tutt’a un tratto quasi quaranta anni fa. E’ il 1972 e “Ultimo Tango a Parigi” diventa un caso cinematografico internazionale.
Nulla di nuovo per il 58enne Brando, icona della Hollywood ribelle; la ventenne Schneider però, che fino a quel momento aveva recitato pochi e secondari ruoli, finisce improvvisamente sulla bocca di tutti. Scandalo per il film, mandato letteralmente al rogo perché sordido, decadente, zeppo di sesso violento ed esplicito, fuoco e fiamme invece sulla Schneider, per alcuni sex symbol degli anni Settanta, per altri semplicemente una ragazza perduta.
In realtà all’attrice i guai non erano mai mancati: nata dall’incontro della modella tedesca Marie Christine Schneider con l’attore Daniel Gélin (lo straniero pugnalato ne “L’uomo che sapeva troppo” di Hitchcock), non era mai stata riconosciuta da quest’ultimo. Pare che proprio questa ferita l’avvicinò al cinema che le ha regalato oltre 50 film girati sui set, tra gli altri, di Bellocchio, Antonioni, Zeffirelli, Rivette, Réne Clément. Nessun ruolo però, nemmeno quelli da protagonista in “Professione Reporter” o “Jane Eyre”, fu così forte da riuscire a spezzare quel legame indissolubile con quella Jeanne di Bertolucci che finì per imprigionarla per sempre.
L’ultima volta sul grande schermo è stata nel 1998 con “Qualcosa in cui credere”, si dice che Quentin Tarantino l’avrebbe voluta per “Inglorious Basterds” ma la malattia la costrinse a rifiutare. Una vita disordinata, l’abbandono del set dopo l’exploit con Bertolucci, la riabilitazione, gli ospedali psichiatrici, le sempre più frequenti voci di uso di eroina, un’icona triste, in definitiva. Chi gli era vicino ha spesso ribadito che l’attrice era distante chilometri dal ruolo che l’immaginario collettivo le aveva sempre attribuito. Lei stessa, in più occasioni nel corso degli anni, ha smentito l’opinione pubblica rivelando un’anima forte e sensibile. Non amava parlare di Jeanne, personaggio per il quale nutriva un sentimento di amore e odio. Dalle colonne di un quotidiano britannico tre anni fa aveva accusato Bertolucci perché su quel famoso set l’aveva costretta a scene non previste dal copione. Adesso, dopo la notizia della sua scomparsa, il regista spende parole di affetto verso di lei e le chiede pubblicamente scusa. Nulla di nuovo, comunque, sotto il sole, o meglio, sotto la luce effimera dei riflettori: un attore imprigionato dal successo, un compromesso che il più delle volte lascia un retrogusto amaro.
Con o senza quell’ “Ultimo Tango” alla Schneider spetta un posto tra le grandi dive di celluloide. Sempre giovane, sempre imbronciata sotto i riccioli. A marzo avrebbe compiuto 59 anni.
Autore: Vittoria Romagnuolo