di e con Ascanio Celestini, Giorgio Tirabassi, Maya Sansa, Luisa De Santis, Barbara Valmorin
Che dire: bravo Ascanio. Ha saputo trasbordare e dare linfa ad una storia di manicomi passando dal teatro (testo originario) al cinema, evitando camicie di forza ed electroshock. Quello de “La pecora nera” sembra un lager fiorito di querce sognato da un matto. “Un condominio di santi”. Quindi, un posto ascetico, quasi normale. Quasi, naturalmente. Un disabile psichico immaginerebbe in sogno una casa di cura proprio così. Dai colori accesi delle mattonelle alle suore chiatte, vecchie e rassegnate, con la sala tv sempre piena e la tv sempre puntata su La vita in diretta.
Con abili sforbiciate di montaggio Celestini ci rende felici e angosciati: lui si mette in scena (è il protagonista) e fuori scena (è la voce narrante). Un film sull’alterità di chi viene additato come pecora nera, sofficemente drastico, che deve molto alla lezione di Sergio Citti. Trattenere l’immagine, non farla scappare dal guscio della lingua e dell’inquadratura.
Struggente la scena del supermercato in cui il matto capisce che dalla vita da pecora nera non c’è via d’uscita. Il luogo del consumo sociale, il market, diventa così, rivolta!, un campo di concentramento da distruggere. Magnamose tutto.
Autore: Alessandro Chetta