di Catherine Corsini con Kristin Scott Thomas, Sergi López, Yvan Attal, Bernard Blancan
Ordinaria storia della classica alto-borghese stanca della propria monotona vita che a suon di vigorosi amplessi con l’operaio di turno riscopre la passione, e fin troppo ingenuamente, l’amore. Questi, in poche righe, gli elementi di L’amante inglese di Catherine Corsini: una nomina ai prestigiosi César, citazioni di altissimo livello (dall’Emma Bovary di Flaubert, ad Alain Resnais, a Truffaut) per un’opera dalla mediocrità disarmante.
Uno di quei film, per intendersi, che lascia lo spettatore assolutamente indifferente: non un’inquadratura, né una scena o un dialogo da serbare in memoria.
Eppure farà impazzire il pubblico più adulto e borghese, la storia di Suzanne, interpretata da una bellissima Kristin Scott Thomas e di Ivan, alias Sergi Lopez nella parte di un ex carcerato redento nel lavoro e nell’amore per la figlioletta. Lei lascerà la sua vita di ricca moglie per seguire l’aitante amante spagnolo e resisterà fino all’estremo gesto ai ricatti e alle angherie del marito pazzo d’amore che pur di riavere il suo angelo del focolare, le toglierà quanto di più vitale: il lavoro, i soldi, la libertà economica.
L’adulterio è un tema classico del cinema, letto e riletto in tutte le salse possibili e immaginabili: dalla scappatella con la segretaria, alla relazione omo, alla distrazione estiva, è inquantificabile il numero di opere dedicate all’argomento. Eppure, difficilmente è stato fatto con tanta inconsistenza, a dispetto di quanto certa critica cerchi di dimostrare.
Secondo Silvana Silvestri de Il Manifesto nel film della Corsini, “la storia è complicata dalle differenze di classe e dai diversi paesi di origine”. La chiave di volta, l’elemento degno di nota del film, ciò che meglio lo caratterizza è – per la giornalista – la differente provenienza dei protagonisti: Suzanne confessa il tradimento e lascia la casa perché è una donna inglese. Il marito le toglie le carte di credito e la riduce alla fame perché francese. L’amante è irresistibile perché catalano. “Poiché si tratta di una donna inglese – afferma – possiamo anche capire che contravvenga alla regola aurea del «negare sempre» e abbia la smania della confessione a tutti i costi, più difficile è credere che non sappia come gestire gli affari e non corra subito dal suo avvocato prima ancora che dal prestante amante catalano”. “Ma se la moglie fosse stata francese, il marito inglese e l’amante italiano? – azzarda addirittura a chiedersi – Lei avrebbe ancora il suo conto, lui non si accorgerebbe di niente, l’altro se ne andrebbe a seguire la squadra in trasferta”.
Addirittura entusiasta la Tornabuoni (La Stampa) secondo la quale, i due protagonisti, la Scott Thomas e Yvan Attal (che interpreta il crudele marito dalle escrescenze coriacee) sono fuori del comune.“Lei – continua la redattrice de La stampa – è una persona senza compromessi: incontrata la passione, la vive completamente, non intende rinunciarvi, lascia il marito benestante. Il marito è una persona ripugnante, vendicativa, meschina, preoccupata della propria reputazione: la picchia, le urla «non ti lascerò andare», fa perdere il lavoro al rivale, denuncia tutti e due, allontana lei dai figli, la perseguita. Comportamenti odiosi e inutili, forse testimonianza d’amore o forse prova di suscettibilità ferita”.
Sembra che piuttosto che riflettere sulla qualità narrativa, ciascuno dei recensori abbia preferito lanciarsi in argute analisi psico-sociologiche. Capita spesso quando l’opera è così scialba da rendere vana qualsiasi argomentazione.
L’amante inglese è in realtà un prodotto confezionato alla perfezione: un ottimo lavoro di recitazione, si affianca a dialoghi verosimili e ritmati, a belle ambientazioni e ad un lavoro di regia e di montaggio pulito. Mancava solo un elemento una buona idea e la capacità di svilupparla.
Autore: Michela Aprea