di Renato De Maria, con Riccardo Scamarcio, Giovanna Mezzogiorno, Lian Riccardo, Fabrizio Rongione
La prima linea, film tratto dal libro di Sergio Segio Miccia Corta, ha fatto scandalo, ha fatto gridare all’oltraggio, riempendo di titoli altisonanti le maggiori testate nazionali fino a quando il produttore della Lucky Red, Andrea Occhipinti, ha dovuto cedere il malloppo delle sovvenzioni statali facendo tirare il fiato a quanti – a prescindere – sono contro qualsiasi produzione artistica che tocchi gli scottanti anni di piombo.
Potrebbe sembrare la trama di un thriller e invece quello vissuto dal regista bolognese Renato De Maria e dal già citato Andrea Occhipinti è un horror tutto italiano. I due, sono rei – e le infinite strali dell’opinione pubblica si sono fiondate su di loro – di aver realizzato e prodotto un film sul gruppo militante de “La prima Linea”. Basta questo per smuovere la sonnolenta stampa nostrana.
Il problema è che – come ha giustamente notato il regista – di tutto si è parlato tranne che del film.Un film che – nonostante la buona prova registica e la brillante interpretazione, degli stranamente espressivi protagonisti Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno – non meritava un tale tam tam mediatico.
Insomma, tanto rumore per nulla. Perchè La prima linea di De Maria – sì proprio il regista di Paz – tutto è tranne che un film ideologico o politico, figuriamoci un’opera a sostegno della militanza o della lotta armata. Quello del regista bolognese, anche lui con un passato da militante, non è per nulla un film epico. Non ci sono eroi nella Prima Linea, ma solo ragazzotti sognatori che molto probabilmente sapevano poco di cosa andavano a fare e credevano di giocare alla guerra. Ma al di là di qualche breve accenno sul clima politico italiano a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 (con immagini di archivio toccanti e meravigliose), quella narrata dal regista bolognese è una storia d’amore dolente che vede protagonista un uomo (Segio alias Scamarcio) e le sue mille contraddizioni, impegnato nella liberazione della sua inarrivabile principessa (Susanna Ronconi alias Mezzogiorno) – rinchiusa ahilui- non in una torre ma nel carcere di Rovigo.
Seguiamo il compassato Scamarcio e l’imperscrutabile Mezzogiorno lungo i fili della “loro” storia d’amore attraverso un gioco continuo di flashback e flashforward che cullano lo spettatore dal racconto dell’epilogo – con la confessione/catarsi di Segio alla fine degli anni di prigionia – al prologo dei primi incontri milanesi.
De Maria – che ha visto su di sé anche le strali dell’autore di Miccia Corta e consorte, che non si sono sentiti rappresentati nel film e in quanto tali l’hanno disertato – ha scelto di partire dall’epilogo sancendo la propria tesi autoriale. “Un film ha un punto di vista – ha detto durante un’intervista riportata dal Corriere della Sera. A me aveva colpito il tono crepuscolare della storia. Segio sognava un film che partisse dall’inizio, dalle lotte operaie, raccontando poi tutto il percorso che avrebbe condotto al terrorismo. Ma io volevo un film che raccontasse il declino, la fine, basato soltanto sul rigore dei fatti. Già il racconto è una scelta”. Il film allora non solo non è un panegirico sulla militanza di sinistra – a differenza di quanto certa stampa voleva far credere – ma il racconto liberamente tratto dal romanzo del Capitano Sirio di un amore tra due persone sradicate dalla comune concezione del vivere.
Perchè quella dei due protagonisti è una storia d’amore moribonda, che tenta di crescere sulle rovine di una realtà che non esiste, dove lo spazio e il tempo acquisiscono una consistenza rarefatta fatta di incontri fugaci, sguardi sommessi, tenerezze accennate. Un amore soffocato, che non prende mai lo slancio. Neanche con la liberazione dell’amata Susanna. Un amore fatto solo di clandestinità e di vuoto, di rimorsi e di rimpianto. Sterile come le inutili critiche che hanno accompagnato il film dalla sua gestazione fino all’uscita in sala.
Coprodotto dai fratelli Jean Pierre e Luc Dardenne, la sceneggiatura è stata scritta a 6 mani da Sandro Petraglia, Ivan Cotroneo, Fidel Signorile.
Autore: Michela Aprea