Nell’ultimo film il regista snatura il “solito” pulp e segna un cambio rispetto al passato
Per Inglorious basterds, antiche amicizie possono interrompersi così, improvvisamente. E coppie possono sfasciarsi irrimediabilmente a causa della divergenza di opinioni sul film. Ebbene, eventi del genere sono la riprova della maestria di un regista geniale come Quentin Tarantino. Uno di quelli che non può lasciare indifferente lo spettatore e di cui si attende con trepidazione l’uscita di ogni nuova creazione.
E’ dalla fine della 62° edizione del festival di Cannes che si mormoreggia sui Basterds. C’è chi ha gridato al capolavoro e chi, sdegnato, all’oltraggio.
In effetti, Bastardi senza gloria segna una spaccatura nella cinematografia di Tarantino. Una cesura ben più marcata di quella che aveva contrassegnato il passaggio da Pulp Fiction a Jackie Brown (in cui gli echi dell’estetica dei Seventy’s così come un certo richiamo ai serial e ai film di serie B che giravano in quegli anni creavano un trait d’union forte e imprescindibile).
Rispetto al suo cinema precedente, in Inglourious Basterds sorprende – come ha ben notato Simone Emiliani su Sentieri Selvaggi – “il modo con cui Tarantino filma lo spazio e con il quale inghiotte i personaggi in ogni capitolo. Che il suo cinema si alimenti prima di tutto di cinema non è una novità. Il fatto però che subisca un’altra metamorfosi, più istintiva che necessaria, porta la sua opere verso altri nuovi percorsi”. Bastardi senza gloria è un film molto diverso dai capolavori che l’hanno preceduto (Kill Bill e Grindhouse in primis). E quando si dice diverso lo s’intende proprio in tutto: per ambientazione, per registro, per stile. Il regista statunitense ha rifondato il genere del film storico fagocitandolo in una storta di fanta – historic- pulp movie: nelle sue mani anche il genere classico del war movie diventa un oggetto con cui giocare, da smontare e ricomporre secondo libere associazioni. Roba che solo Tarantino avrebbe mai potuto realizzare. Eppure ai suoi fan più ortodossi una mossa del genere non sarà stata molto gradita. Il Tarantino touch c’è, si vede, eppure è troppo flebile per soddisfare gli assatanati/assetati del suo cinema. Quelli cioè che sono mesi che segnano crocette sul calendario in attesa dell’uscita del suo nuovo film… E che invece potrebbero incappare in una cocente delusione…
Se non fosse per la scena del bar e per poche altre chicche, difficilmente ci si accorgerebbe che si tratta di lui. Certo, gli omaggi al cinema nostrano restano una firma del regista. La già citata scena della sparatoria nel bar non può non ricordare Sergio Leone e il film nasce come omaggio a Quel maledetto treno blindato di Enzo Castellari (che tra l’altro fa un cammeo nel film).Ma la novità è l’omaggio al cinema espressionista tedesco con la dreyeriana scena finale da manuale della ragazza ebrea Shosanna (Mélanie Laurent) che ride satanica mentre si consuma un’impropabile rogo di pellicole cinematografiche e di gendarmi nazisti.
Tarantino gioca con la storia, gioca con il cinema e con il suo piglio scanzonato ne fa quel che gli pare. Pone fine a e vendica definitivamente così il genocidio degli ebrei e ribalta completamente la storia. “Negli ultimi vent’anni abbiamo visto tanti film che mostravano la guerra da una prospettiva anti-bellica, dalla prospettiva della miseria – ha detto a Cannes – non voglio dire che io sia a favore della guerra. Non lo sono. Ma negli anni Quaranta e Cinquanta i film erano thrilling, exciting. I film di guerra non devono necessariamente mostrare le cose dal punto di vista delle vittime. Non c’entra neanche poi tanto, questo, con la guerra. Io ho preso un’epoca storica e ci ho messo le mie idee e i miei personaggi”. Ma soprattutto, Tarantino “distrugge” il suo cinema. Dando vita con Inglorious Basterds a qualcosa di completamente innovativo.
Eppure, intervistato da Hollywood Reporter, il regista aveva affermato che probabilmente, tra i suoi film, Basterds è quello più vicino a Pulp Fiction per il mix di dialogo ed azione del film.E i dialoghi sono la parte più interessante del film resi in un plurilinguismo che abbraccia il francese delle scene iniziali (in cui la tensione si taglia col coltello), e lo miscela col tedesco, l’inglese, l’italiano ( nella grottesca scena in cui i Brad Pitt e due dei suoi vendicatori di ebrei si fingono siciliani).
Chi ha visto la versione originale del film, giura che la scena in italiano sia irresistibile. Assolutamente poco esaltante per chi invece ha avuto la sfortuna di vedere la versione doppiata.
Il film, articolato in cinque capitoli, narra la storia di Shosanna, francese di origini ebree scampata alla strage della sua famiglia da parte di alcuni gendarmi nazisti primi anni dell’occupazione. La vicenda della ragazza, fuggita alla volta di Parigi dove aprirà una sala cinematografica, si intreccia con quella di un gruppo speciale di militari americani (capitanati da Aldo Raine alias Brad Pitt) con l’obiettivo di collezionare lo scalpo di un migliaio di nazisti almeno e a quella del temibile tenente Hans Landa (Christoph Waltz), grande fiutatore di nazisti e fautore della morte della famiglia di Shosanna.
Ancora una volta il tema della vendetta è al centro della vicenda raccontata da Tarantino. Ancora una volta è una donna, Shosanna, a consumarla.
Autore: Michela Aprea