di Giuseppe Piccioni, con Valeria Golino, Valerio Mastandrea, Sonia Bergamasco
Giulia (Valeria Golino) non esce la sera, di giorno lavora in piscina e la notte ritorna in prigione, nella cella della sua esistenza.
Guido Montani (Valerio Mastrandrea), vive a piede libero una quotidianità senza emozioni che rinchiude nella pochezza di una storia senza particolari alti né bassi in cui la fantasia non riesce a librarsi e a dare vita a nulla che valga la pena di essere raccontato o ricordato. Potrebbe vincere un premio, potrebbe affermarsi come scrittore, ma ha troppo poco da dare e forse, neanche la volontà di farlo. Non ha idea di quanto la realtà possa superare la fantasia e di quanto possa essere più dura e dolce e incomprensibile.
Giuseppe Piccioni con “Giulia non esce la sera” mette in piedi un vero e proprio melodramma che se preso per alcuni versi, può essere associato a “Non ti muovere” di Sergio Castellitto. Come per Italia (una straordinaria Penelope Cruz) e Timoteo (Castellitto) quella di Guido e Giulia è una storia d’amore tragica, in grado di sconvolgere esistenze preordinate, preconfezionate. Vite sconvolte dal caso, dalla imprevedibilità di un incontro, da un capriccio che assume le fattezze di una grossa grassa adolescente egoista e capricciosa. Esistenze che allontanano da tutto ciò che è indesiderato, che costringono a perdere tutto di fronte all’abbaglio accecante di un amore che è contrastato, difficile, desiderato, impossibile, irreale.
Giulia entra nella vita di Guido come se fosse uno dei suoi personaggi per uno strano caso tradotto nella realtà. È un essere che lo scrittore sembra seguire più con curiosità che con passione. Eppure a dispetto della sua consistenza fantasmatica (agevolata dall’inconsistente interpretazione di una irrecuperabile Valeria Golino), nel pieno rispetto del genere e della poetica dell’autore marchigiano, è Giulia il perno del film, intorno alla quale di dipanano le diverse trame della vicenda: lei, come Italia e le eroine drammatiche in genere, è condannata a lasciarsi annichilire nel sacro fuoco della passione, mentre gli uomini appaiono compassati, quasi anaffettivi, menomati dell’amore e subiscono inermi gli eventi, come se appartenenti al mondo di Morfeo piuttosto che alla cruda immanenza. E Valerio Mastrandrea, dà pienamente il senso di tale mollezza con un’interpretazione tanto scialba quanto fiacca e annacquata. La sua interpretazione è tanto stucchevole da far rimpiangere l’affettato e robotico Timoteo di Castellitto.
Tuttavia, nonostante le mediocri performance di Golino e Mastrandrea, Giuseppe Piccioni è riuscito a mettere in piedi un piccolo gioiello – in bilico tra sogno e realtà – eppure equilibrato in ogni sua componente. Nulla manca a “Giulia non esce la sera”: opera nata da ottimo lavoro di scrittura, sostenuta da una regia calibrata e allo stesso partecipe, da incursioni fiabesche piacevoli e mai inappropriate, qualche scena indimenticabile e comprimari di alto rango. In primis Jacopo Biciocchi, ragazzino occhialuto che nel film interpreta Filippo, il fidanzatino intellettualoide di Costanza (la figlia di Montani) e Domiziana Cardinale, insopportabile nella parte di quest’ultima. Assolutamente perfetta Piera degli Esposti, nella parte dell’editrice di Montani. Un po’ troppo algida e affettata Sonia Bergamasco e indimenticabili i cammei onirici di Atonia Liskova e Sara Tosti.
Autore: Michela Aprea