Stavolta gli impediscono di fare Top Gun. Ci prova, Tom, ovvio, ma il binario della Storia va dritto per conto suo, e allora anche Cruise s’inchina al fallimento del suo personaggio – il colonnello von Stauffenberg – raggirato dal Destino e da una giornata estiva troppo troppo torrida perché il suo bersaglio, il Furher, rimanesse trincerato nella tana del lupo in cemento armato. “Operazione Valchiria”, accompagnato dalle sfighe in fase realizzativa, dai problemi di budget sforato e in forte sentore di fiction, poteva vincere i pregiudizi solo puntando sulla filologia scrupolosa dei fatti. Come mettere in scena gli attori scrtando di sottecchi i saggi sul nazismo di Joachim Fest. Non è esattamente quello che fa Bryan Singer (..X-Men, I soliti sospetti) ma il giusto compendio tra necessità di montaggio plastico e fitto plot politico riesce in maniera sufficientemente brillante. . Singer dirige con maestria un cast di papaveri, piegandoli alla secca rappresentazione dell’attentato a Hitler, l’ultimo in ordine di tempo, appena 9 mesi prima che la bandiera rossa sventolasse sul Reichstag. Poi, è chiaro, il film trasuda Wagner fin dal titolo, e quindi si macchia di un minimo di sfacciataggine retorica: la battente colonna sonora sibila o arremba marchiando i volti strizzati dal panico (anche se poi il famoso, tonitruante, motivo dell’opera si sente solo una volta, dalla puntina del grammofono). Cruise-Stauffenberg è un orbo monoespressivo. Personaggio reso di fisico più che di pensiero, come ha scritto il Frankfurter allgemeiner (sapete, i tedeschi sono un po’ emotivamente coinvolti dalla faccenda). Il fatto che alla fine la Storia, impietosa, si imponga, e che l’intrepido von Stauffenberg cada sotto i colpi del plotone al grido di “Viva la Santa Germania”, dribbla alla grande i burrosi happy end, “tassa” dei film di Will Smith. E mi pare già tanto per una produzione mainstream di Hollywood.
Autore: Alessandro Chetta