Già nei primi mesi del 2006 Oliver Hirschbiegel (regista de “La Caduta”, cronaca degli ultimi giorni di Hitler) presentò il “suo” The Invasion” nella versione definitiva. Alla Warner Bros. non piacque affatto il final cut del tedesco tanto da arruolare tre mestieranti navigati per rigirare (in parte) e rimontare (forse del tutto) la pellicola: i fratelli Wachowski, creatori/distruttori di Matrix, e James McTeigue, regista che mise in scena la loro sceneggiatura di “V per Vendetta”.
Il film ha ri-preso forma nell’estate del 2007 per uscire negli Stati Uniti soltanto il 17 Agosto raccogliendo un magrissimo incasso. Dalla data di uscita negli States fino all’11 ottobre, giorno in cui è stato ritirato dalle sale americane, il film ha incassato 15 milioni di dollari cui si aggiungono i poco più di dieci milioni finora racimolati dal mercato estero. Le entrate sono talmente lontane dagli 80 milioni di dollari stimati per il budget che le pay per view e il mercato home video finiscono per fungere da suggello di un fallimento totale.
Un gran travaglio per realizzare la pellicola del famoso classico della fantascienza già tradotto in più versioni filmiche supportate da premesse autoriali più solide. L’invasione degli ultracorpi fu già film di Siegel nel ’56 poi rifatto nel ’78 da Philip Kaufman, infine da Abel Ferrara nel ‘93. E poi tutto ciò coincide con le dichiarazioni di Coppola che alla Festa del cinema di Roma dichiara di odiare i remake, quindi oramai assurti ad epitome delle logiche da studio. (Senza contare che già la ‘trasposizione cinematografica’ della letteratura è già ri-fare). Seppure con le evidenti carenze, l’ultimo Invasion è un mostro ibrido e illeggibile, una sorta di abbozzo di film regredito a un sci-fi thriller “adrenalinico”. È, insomma, il trionfo del ‘rifacimento’: lo studio che riplasma il girato, ne fa un incrocio di paternità i cui margini non sono definibili. Si sovrappongono così varie impronte differenti, a partire da quella del regista tedesco che riprende l’ultima scena de La Caduta (anche quello un remake nobile e fatto bene di mille documentari di History Channel) in cui la segretaria dell’ex-fuhrer passa tra i russi cercando di non incrociare gli sguardi con i sovietici; concettualmente simile al leitmotiv di Invasion, dover fingersi quel che non si è ricorrendo all’ambiguità irriducibile dello sguardo. E ancora: la moltiplicazione di automi in una specie di esercito ubiquo, non dissimile a quello degli Smith delle derive di Matrix. Non manca neppure il vestigio attoriale della Kidman che in un sol colpo autocita la maternità di “The Others” e la paura dell’assimilazione memore di “The Stepford Wives” (tradotto in Italia col titolo de La donna perfetta). Il cinema americano tira la corda dell’exploitation e punta su un film sperando che si faccia da solo. I flash-forward infatti sembrano presi a prestito dal trailer se solo il trailer non si montasse dopo la realizzazione del prodotto: questa curiosa inversione indica l’intenzione di promettere allo spettatore che lo show ci sarà e non c’è da preoccuparsi.
Autore: Roberto Urbani