Numerologia, ossessione e follia i temi di fondo del nuovo film di Joel Shumacher. Jim Carrey limitando al minimo le smorfie che lo hanno reso famoso, conferma le proprie doti recitative nel ruolo di Walter Sparrow, un amorevole padre di famiglia ed onesto accalappiacani.
La vita ordinaria di Walter è però scossa quando, per il suo compleanno riceve in regalo un libro di un autore misterioso (Fingerling), The Number 23. La trama del libro è tutta incentrata sulla ricorrenza del numero 23, che con un pò di fantasia si può ritrovare anche in alcuni eventi tragici della storia: l’ora della bomba su Hiroshima, il naufragio del Titanic, la morte di Kurt Cobain e persino l’11 settembre.
Il protagonista, che non riesce ad ignorare le coincidenze che legano quel numero alla propria esistenza, resta quindi intrappolato in un vortice ossessivo, mettendo a serio rischio anche l’incolumità dei familiari.
Il regista propone così un intersecarsi di realtà parallele, la vita di Sparrow e quella di Fingerling, il detective del romanzo, sempre più simili tra loro a causa della maledizione del 23. Tuttavia la dimensione letteraria del secondo è onirica e surreale, elaborata mediante suggestioni pop-fumettistiche alla “Sin city”, che iconizzano la storia nella storia.
Carico di suspance, il film gioca sul progressivo assottigliarsi del confine tra mondo reale e quello del racconto, mediante una travolgente caccia all’indizio volta a sciogliere tutti i nodi irrisolti e a scoprire i colpevoli, reali o fittizi. Quando però nella seconda parte, tutte le tessere del puzzle verranno ricomposte, lo svolgimento diventa lento e meccanico. Infatti invece di concentrarsi sulla degenerazione psicologica e maniacale di Walter alla maniera di classici illustri come “Shining”, Shumacher rincorre la solita logica della spiegazione forzata, innaturale e macchinosa, che si traduce involontariamente nella parodia del finale tipico dei noir.
Autore: Valentina Barretta