Il picchio del cinema di casa nostra, Paolo Virzì, (picchio nel senso che piccino e beccuto batte screanzato, come i vecchi maestri, su vizi e virtù della stirpe italiota), è riuscito anche nell’impresa di insaporire il fulmineo passaggio, 100 giorni, di Napoleone sull’isola d’Elba. Chi si sarebbe mai andato a interessare del rapporto “politico” dell’Imperatore esiliato con la microscopica nomenklatura dell’isola, sasso in mezzo al mare della Toscana? L’ha fatto Ernesto Ferraro con il suo romanzo “N”, un testo che – su suggerimento di Roberto Benigni – ha giocato da catapulta per la fantasia popolare del “commediante” Virzì. Voleva capire, il regista di “Ovosodo”, come i sapidi e fumantini toscanacci isolani avrebbero dialogato con l’uomo della Storia. Sull’Elba non finisce tutto in melò come la parabola di Gioacchino Murat a Napoli, ma si gira novellescamente intorno al valore semplice di un mucchietto di popolani, metà idolatri dell’Imperatore – interpretato da Daniel Auteuil, che in effetti ha il phisique du role – e qualcuno anarchista. Per questo c’era bisogno di bravi caratteristi in grado di sfiorare il tono drammatico rimanendo maschere serene. Ceccherini, clownesco, in prima fila. E poi Mastrandrea e la Impacciatore, e ancora la baronessa “un po’ mignotta” (Monica Bellucci, stavolta da sette più) e il protagonista, il giacobino di provincia (Elio Germano) che si arrovella tra rivolta anti-tiranno e sudditanza psicologica ai galloni del comandante còrso.
Virzì sa come far uscir fuori i personaggi anche in una storia corale. E dosa con cura da massaia la ricchezza tragicomica della piccola umanità dell’Elba, nonostante qualche oleografia di troppo: perché, per esempio, sprecare un caratterista come Carlo Monni così? Lui, un Mario Brega della Maremma, ridotto a macchietta.
La sceneggiatura ad ogni modo regge, il finale chiude il cerchio. La macchina da presa del regista livornese si regala bei tagli, languide panoramiche, scenografiche quanto basta. Il massimo risultato, nei limiti della proposta, con mezzi minimi, così come gli ha fatto esempio l’highlander Monicelli.
Autore: Sandro Chetta