Si consuma in meno di due ore l’attesissima unica tappa italiana, all’Unipol Arena di Bologna, del tour Loud Like Love dei Placebo, impegnati a presentare il nuovo album uscito appena dopo l’estate.
Location sicuramente ottima e comoda, acustica buona anche se rimbombante sui lati alti delle curve, parterre pieno fino all’orlo e qualche posto vuoto sugli spalti, per un totale di circa 10.000 persone: questi sono i dati “tecnici” di un concerto che si presenta sin da subito all’insegna del nuovo disco, e in generale dei pezzi più nuovi.
Si comincia con B3, il singolo estratto dall’omonimo EP recente, e poi con For What it’s Worth, e si prosegue in maniera serrata con ben sette pezzi del nuovo disco, non certo il migliore della band.
Loud like Love, subito proposta, ne è la canzone-manifesto, seguita da una splendida versione tirata e incattivita di Twenty Years e dal classico Every Me and Every You, e si prosegue poi col nuovo album, con Too Many Friends, Scene of a Crime e A million Little Pieces, durante la cui esecuzione scende un tendone trasparente. Si continua con Speak in Tongues, e poi ancora dal nuovo disco con una efficacissima Rob the Bank, la canzone più “anarcoide della band, e con Purify.
Fin qui, dunque, quasi tutto nuovo disco: la parentesi delle vecchie canzoni si apre con una versione quasi irriconoscibile, e sicuramente non esaltante, di Space Monkey, seguita da Blind, e da Meds e Song to Say Goodbye, suonata a velocità doppia e ottimamente sostenuta dalla batteria potente di Steve Forrest. In mezzo a queste canzoni, tutte provenienti dall’album Meds, trova spazio ancora una new song, Exit Wounds, forse la più profonda e densa dell’ultimo album.
A questo punto si intuisce già che chi è venuto per ascoltare qualche chicca vecchio stile potrà rimanere deluso: a parte i pezzi tratti da Meds (ci sarà ancora spazio nel bis per una stupenda Post-Blue e per la conclusione con Infra-Red), il concerto è tutto incentrato sul recente, e trovano spazio solo Special K e Bitter End prima del bis, e Teenage Angst e Running Up the Hill durante il bis.
A conti fatti, la scaletta è forse l’unica cocente delusione, soprattutto in termini quantitativi: inaccettabile infatti che una band planetaria ormai giunta al settimo disco durante un concerto di unica tappa possa permettersi solo 22 canzoni, scegliendo peraltro nemmeno le più belle.
Per il resto, i Placebo sono al loro solito, ottimo livello live, grazie anche al preziosissimo supporto di Bill Lloyd – tastiera e basso, Nick Gavrilovic– tastiera e chitarra, e Fiona Brice – tastiera e violino, come membri aggiunti della band: pura potenza, maggiorata ancora dal fisico possente del batterista Forrest che ha sostituito Hewitt, ottima tempistica, sound efficace, e presenza ipnotica in prima fila di Molko e Olsdal.
Questo concerto non ha lasciato spazio per i pezzi più solari e più romantici e melodici (mancano Slave to the Wage, manca Bright Lights, e soprattutto Special Needs) e ha preferito il lato dark e duro del placebo-sound, in linea con il nuovo disco che a sua volta riprendeva certe atmosfere del secondo famosissimo Without You I’m Nothing. Potrà non piacere, ma almeno si nota la coerenza di una scelta tutt’altro che commerciale, visto che il live è stato alla fine tutt’altro che un greatest hits.
Scelta però che ha bisogno, di sicuro, di essere integrata e completata da almeno un’altra tappa, come fu per il tour precedente (Milano, 2009 e Roma 2012). I fans attendono.
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autore: Francesco Postiglione