Nils Frahm è così: dal minimalismo estremo e assolutista di Screws di appena un anno fa si passa, con il nuovo disco Spaces (Erased Tapes), allo sperimentalismo sfrenato, che ritorna ai primi dischi, dove il suono del pianoforte si evolve e si mescola all’elettronica analogica delle tastiere Juno e Rhodes.
In questo nuovo episodio della formazione artistica di uno dei talenti del piano più prolifico e multiforme (otto tra album e EP in soli tre anni e mezzo), oltre alla sperimentazione si ha modo di apprezzare la improvvisazione: Spaces infatti è un disco dal vivo, anche se rompe con le convenzioni di un tradizionale album live, poiché è stato registrato nel corso di due anni in diverse location e con diversi mezzi, compresi vecchi registratori a bobina portatili e registratori a cassette. Il materiale è stato poi unito nel suo Durton Studio di Berlino, ottenendo come risultato una sorta di registrazione sul campo. La forza del compositore sta nell’improvvisazione, nella magia di un momento in cui, ispirato dallo spazio e dal pubblico, le sue dita creano nuove composizioni, come quando in Toilet Brushes batte sulle corde del piano con un scopino da bagno per dare a un brano un suono doppiato. La decisione di includere pezzi in cui si ascolta il pubblico tossire o il suono di cellulari (in Improvisation for Piano) mostra come gli spettatori siano parte integrante di ogni performance.
Improvvisazione, dunque, che nasce dallo scambio col pubblico: nelle stesse parole di Nils: «Quello che amo di più del suonare davanti alle persone ha a che fare con una sorta di scambio di energia. L’attenzione e l’apprezzamento del mio pubblico alimenta la mia performance. È come se ci fosse un dare e ricevere reale e alla pari tra musicista e ascoltatore e mi fa rendere conto di quanto io dipenda dal mio pubblico. E dato che le persone sono diverse ogni sera anche la musica che viene suonata è differente. Ogni posto in cui ho suonato ha la propria magia e il proprio spirito»
Come i suoi colleghi compositori Ólafur Arnalds e Peter Broderick, Nils Frahm conferma anche con Spaces, casomai ce ne fosse stato bisogno, che uno strumento secolare e classico per eccellenza come il piano può dare origini a una composizione che è classica e post-moderna contemporaneamente, se si sceglie di abbattere le barriere musicali per esempio accompagnando i suoni del piano a loop, batterie elettroniche ed effetti, come in Says, For, Peter, e esibendosi, come lui fa, ad eventi elettronici come Mutek, Boiler Room, Primavera and Decibel, senza per questo rinunciare a suonare pezzi di solo piano (la sfrenata Hammers, l’emozionante Familiar, la notturna Went Missing) in posti da concerti tradizionali come l’ Hackney Empire e la Royal Opera House.
Dopo Wintermusik e The Bells, Felt e 7 Fingers, con Screws sembrava essersi preso una pausa da questa furia sperimentale tornando al piano suonato addirittura per note singole. Con Spaces, che non vuole essere una raccolta live dei suoi successi ma un nuovo capitolo della sua produzione, Nils Frahm torna a fare quel che più gli piace: cambiare, accostare, sperimentare, e soprattutto e senza dubbio, emozionare.
http://www.durtonstudio.com/projects/detail/project/63
https://www.facebook.com/nilsfrahm
autore: Francesco Postiglione
TRACKLIST
01 An Aborted Beginning
02 Says
03 Said And Done
04 Went Missing
05 Familiar
06 Improvisation For Coughs And A Cell Phone
07 Hammers
08 For – Peter – Toilet Brushes – More
09 Over There, It’s Raining
10 Unter – Tristana – Ambre
11 Ross’s Harmonium