Preso un pezzetto di carta e stilato un elenco, è stato possibile notare che in Campania si produce molta più spazzatura di quanta se ne riesce a smaltire sicuramente, ma si concepisce anche tanta musica elettronica, molta più di quanto in genere si pensa, con molteplici sfumature e poco distante dalla linea delle produzioni che giunge dall’estero. Band e produttori, nonostante siano molto attivi e si muovano utilizzando pressapoco gli stessi canali, non sono purtroppo ben indicizzati destinati così a una disordinata deriva; hanno poca interazione tra loro oltre all’eterna assenza di strutture adeguate per diffondere determinati concetti o aver la possibilità di apprendere, scambiare tecniche, nozioni e…migliorare…
Di musica ce n’è sempre stata tanta e forse mai come in questi ultimi anni.
La rete ha portato a un sovraccarico notevole d’informazioni.
Innanzitutto è da tenere presente che ci troviamo di fronte a uno scatolone contenete la somma di tutte le produzioni musicali delle varie epoche storiche, con un’impennata spaventosa negli ultimissimi decenni, ossia dal momento in cui l’economia di mercato è riuscita a mercificare anche quest’arte immateriale.
La digitalizzazione e il web hanno portato più possibilità di realizzazione, con lavori che in qualche maniera fino a un decennio fa non vedevano la luce, oppure non riuscivano a essere diffusi adeguatamente oltre ai svariati sviluppi e concezioni che continuamente nascono dalle combinazioni di elementi sia fisici sia multimediali.
La musica è come l’universo, nel suo continuum è in costante espansione e tuttavia bisogna aver presente che non vi è più una precisa cabina di regia, un tempo rappresentata da TV, radio, riviste, DJ e produttori discografici che diffondevano mode, abituavano o educavano l’ascoltatore e che un po’ facevano il gioco dell’industria discografica.
Il web con la sua rivoluzione in atto da una quindicina di anni ha trasformato ogni consuetudine andando a colpire proprio i canali tradizionali, difatti costretti a inseguire la rete che nel frattempo vede sempre più utenza e di conseguenza anche notevoli aumenti d’investimenti, soprattutto nel campo del marketing e della pubblicità.
Paradossalmente oggi un buon modo per educare un ascoltatore sarebbe quello di orientarlo attraverso una sorta di limite immateriale e “geografico” rispetto al web e nel quale sono concepiti contenuti originali, laddove il termine “originale” non è da intendersi come innovazione o che non va a rivalersi su modelli precedenti, bensì nell’accezione radicale di realizzazione di opere e prodotti vari, che sono propriamente dell’autore, del luogo e dell’epoca a cui si attribuiscono e che quindi nascono in un determinato territorio e secondo processi cognitivi, studi e accrescimento di tecniche acquisite.
In Italia in quest’era si produce musica che sempre più spesso non deriva direttamente dalla propria cultura e tradizione, piuttosto potrebbe benissimo provenire dagli Stati Uniti, Inghilterra, Francia o Germania.
Tanto vale dare spazio e credito a ciò che viene generato dalla propria comunità.
Se non altro un giovane residente a Napoli come a Caserta, un sabato sera ha più probabilità di assistere a un live dei Retina.it o di una band della nuova wave italiana, piuttosto che i “sempreverdi” Led Zeppelin, i Justice o la band X che ha milioni di visualizzazioni su Youtube…bisogna divulgare le giuste informazioni e creare il solco per partecipazione e coinvolgimento con adeguata affezione e magari interattività.
La musica elettronica, a dispetto del fatto di essere un linguaggio universale, è sempre radicata in una scena ben legata a una città o un territorio pressoché divulgati dai membri stessi.
Tutte le comunità di composers elettronici tendono spesso a porre l’accento sulla propria origine, ad esempio, le copertine della Kompakt Records ostentano fieramente il vessillo della città di Colonia e i Kraftwerk hanno sempre insistito che sono di Dusseldorf…per non parlare di tutta scena techno di Detroit oppure della Bristol di fine ’90, la Berlin school ecc…territorialità intesa anche come brand…
Non è un discorso precisamente “glocal” o legato alla speranza di creazione di una “scena”…le scene sono state invenzioni del passato di giornalisti…
In questa prima compilation a marchio Campania Elektronenklang – uscita il 7 novembre 2013 – attraverso la “struttura” di FreakHouse records si è riusciti a raggruppare diciassette figure eterogenee e sono così affiorati altrettanti modi differenti di intendere e concepire la musica elettronica.
Infine i concetti espressi sono stati interpretati alla perfezione da Andrea Manzi, autore delle copertine e le grafiche esposte in questo post: nel nutritissimo bagaglio cognitivo campano vi è l’eredità di una storia millenaria e della cultura classica.
Nella fattispecie in copertina vi è un dettaglio della statua di Nydia che pare tendere l’orecchio come se volesse ascoltare suoni provenienti da molto lontano, nello spazio e nel tempo. La statua è stata realizzata tra il 1853 – 54 dall’artista americano Randolph Rogers ed esposta al Metropolitan Museum of Art di New York. L’opera completa porta il nome di “Nydia, the Blind Flower Girl of Pompeii”, ispirata a una narrazione presente in “The last days of Pompeii” di Edward Bulwer-Lytton, in cui “Nydia, una fioraia in fuga dall’eruzione del Vesuvio, si affida all’udito per trovare la salvezza seguendo la voce dei suoi amanti”.
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