E’ un luogo comune, contente una profonda verità, che il secondo album di ogni artista rappresenti una prova assai difficile. Venendo fuori dal nulla per gli esordienti è molto agevole avere la mente sgombra da qualsivoglia pressione e concentrasi nel dare il meglio di sé. Più complicato accontentare le aspettative che si creano attorno a coloro i quali riescono a destare una buona impressione al primo colpo.
Un dilemma che deve aver attanagliano anche la biondina Polly Scattergood. Nel 2009 il suo omonimo debutto si era segnalato come opera cantautorale di un certo pregio. A quattro anni di distanza la ritroviamo con nuovo album, “Arrows”, tutta intenta a reinventarsi quale novella songwriter dalle spiccate sonorità elettroniche.
Una svolta già anticipata dai due singoli “Wanderlust” e “Cocoon“.
L’intero disco non è altro che la naturale prosecuzione di una siffatta impostazione. Il tanto tempo intercorso tra i due full-lenght è stato speso bene, almeno per ciò che concerne il lato produttivo, egregiamente eseguito, sia quando i ritmi si fanno leggermente più intensi (“Subsequenty Lost”, “Disco Damaged Kid”) che in occasione dei pezzi mid-tempo o lenti, rappresentanti la maggioranza del lotto.
Il definitivo salto di qualità, però, non avviene, proprio perche le canzoni stesse stentano a trovare una loro dimensione tra le ambizioni pop di alto lignaggio e la ricerca di soluzioni poco scontate. Un guado che al momento la Scattergood non è in grado di superare in una maniera tale da andare oltre la sufficienza qui riscontrata.
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autore: LucaMuroAssante