Se è vero che dai tempi di Black Market Music (il terzo disco), passando per Sleeping with Ghosts e Meds fino a Battle for the Sun era difficile stabilire quale fosse l’album più bello all’interno di una sequenza impressionante di dischi entusiasmanti, è altrettanto vero che Loud Like Love, uscito il 17 settembre per la EMI, interrompe questa sequenza.
Le 10 canzoni di questo compatto e breve album, prodotto da Adam Noble, (già produttore di Paul Mc Cartney e Coldplay e di Absolution dei Muse), e registrato presso i RAK Studios di Londra restano di livello alto, sia chiaro, ma certamente Loud Like Love non sarà ricordato come il loro lavoro più bello.
Il singolo che lo ha anticipato a luglio, Too Many Friends, una tirata moral-personale contro i social network, è un po’ il prototipo dell’intero disco: struttura ben architettata, armonie e accordi semplici (come sempre del resto per la band di Molko e compagni), melodia spiccata con sfumature tristi, ma ritmo non esplosivo come in altre occasioni i Placebo ci hanno abituato.
Fanno parte di questo stile anche A Million Little Pieces, e Hold on To Me, che di diritto entrano nella serie delle placebo-songs dal sapore triste e dal testo ancora più dolente. Si parla di uomini feriti, travolti dal passato, e incapaci di riemergere: una trama che Brian Molko ha scritto molte volte, ma che stavolta qui disegna con un pizzico di brillantezza di esecuzione in meno.
Scene of the Crime, Purify e Rob the Bank, dall’intro accattivante, costituiscono invece la sessione ritmica trainante dell’album: sono i pezzi che devono far pogare i fan ai prossimi concerti, quelli altrettanto tipici della band che si caratterizzano per l’esecuzione al fulmicotone e per la batteria possente di Steve Forrest, qui tuttavia non così energico nel precedente Battle for the Sun.
Non siamo però, né nel caso dei pezzi cupi né nel caso dei pezzi “duri”, al livello dell’alternative glam-punk degli esordi, quelli tanto apprezzati del primo omonimo disco o di I’m Nothing without you, e neppure a livello delle splendide, alte melodie che gli ultimi album ci avevano regalato.
E tuttavia Loud Like Love, la title track astutamente inserita come prima traccia, si distacca decisamente dal livello fin qui discreto del disco: un riff semplice ma immediatamente memorizzabile e inconfondibile, una melodia limpida e pura, un Molko perfettamente in forma introducono una canzone che giustamente rientrerà presto fra i greatest hits di sempre dei Placebo. Una melodia che a stare attenti risuona di già sentito, ma talmente affascinante e gloriosa nel suo incedere che l’ascolto non può che incitare entusiasmi. E in più, fatto notevole, Loud Like Love è l’unica canzone di questo album, e una delle pochissime della band in assoluto, a essere positiva e solare, nel testo come nell’esecuzione musicale: un qualcosa che i Placebo ci avevano fatto conoscere soltanto con la splendida Bright Lights del precedente disco, se non si vogliono citare antecedenti più lontani come Special Needs e Slave to the Wage che tuttavia nel testo erano ben lungi dall’inno all’amore che Loud Like Love vuole sollevare. E benché questo tipo di ispirazione sia piuttosto infrequente nei Placebo, e potrebbe far storcere la bocca a qualche fan purista come già fece Bright Lights, resta da dire che la canzone è semplicemente perfetta, e il suo unico difetto è di essere forse troppo corta (come del resto tutti i pezzi di questo nuovo lavoro).
Exit Wounds è invece in linea con gli altri pezzi cupi dell’album, ma si eleva rispetto agli altri per la ricerca melodica e la linea di canto, che la rendono uno dei pezzi più emozionanti mai composti dalla band. Un gioiellino, insomma, incastonato in questo album di buona fattura complessiva ma in cui di capolavori non se ne troveranno altri.
Begin the End, bella ma non superlativa, potrà invece piacere ai fan della prima ora, nostalgici dei pezzi semi-ballad dalla melodia struggente e dal testo distruttivo-esistenziale, ed è in effetti l’unico pezzo di questo disco che si collega più direttamente alla storia iniziale della band londinese.
L’album si chiude con una classica last song, Bosco, una melodia romantica e dolcissima al piano, altro felice clichè della band.
Ascoltate e riascoltate, e non troverete difetti eclatanti in nessuno dei pezzi: la “macchina melodica” di Molko colpisce ancora, ed è come al solito in grado di comporre armonie facilmente accattivanti, che a buon diritto i detrattori potrebbero anche definire pezzi facili e basta. E in effetti lo sono: pochi accordi, giri molto semplici e ripetitivi, batteria sempre in quattro quarti e basso di Olsdal che fa il suo lavoro ma senza virtuosismi. L’album, insomma, è l’esempio da vetrina del sound Placebo (un sound che molti vogliono sia mutato nel tempo dai primi due album ai successivi, ma che noi riteniamo si sia solo perfezionato, essenzializzato) ma forse proprio per questo si avverte una certa stanchezza, o meglio ripetitività, che a conclusione dell’ascolto ti lascia un senso di incompiuto.
Vero però che la band ci aveva abituato troppo bene sin qui, mettendo a segno una bomba dopo l’altra con gli album precedenti, tutti dall’altissimo livello melodico e anche con la presenza di pezzi più dinamici e veloci di quelli attuali. Dunque un piccolo calo di resa sonora non deve essere considerato necessariamente come l’inizio del declino, tanto più che l’EP che ha preceduto Loud Like Love, B3, sempre prodotto da Noble, era ben lontano dal passo degli altri lavori.
Il Nancy Boy che una volta era Brian Molko, oggi padre di famiglia, ha avuto una involuzione della sua ispirazione distruttiva che tante lacerazioni gli aveva portato ma anche tante meravigliose composizioni? Probabilmente sì, ma già con Bright Lights e con tutto l’album Battle for the Sun con molta onestà Brian aveva dichiarato che quei tempi erano finiti, e che anche in costante presenza delle zone di buio i Placebo avevano scelto di cercare la luce. In questo nuovo album si capisce che il buio c’è sempre e fa parte del loro essere, più di quanto riescano a metterlo da parte, ma la tilte track sta lì a dirci che Molko e compagni vogliono cercare altre fonti di ispirazione, magari proprio davanti alla luce del giorno.
Resta da chiedersi se, come di consueto, le attuali versioni in studio del disco troveranno mutazioni ed esperimenti nella versione live, ma per questa domanda i fan italiani hanno per fortuna una attesa breve: la Unipol Arena di Bologna li raccoglierà il 23 novembre, unica data italiana, per vedere se anche dal vivo la alternative punk band più nota degli anni ’90 e del nuovo millennio continua a voler avere qualcosa da dire.
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autore: Francesco Postiglione
TRACKLIST
Loud Like Love
Scene Of The Crime
Too Many Friends
Hold On To Me
Rob The Bank
A Million Little Pieces
Exit Wounds
Purify
Begin The End
Bosco.