E’ probabilmente la musica indipendente il prodotto d’esportazione più interessante del Belgio. Non essendo un accanito consumatore di cioccolata, quando penso a quella nazione penso soprattutto alle band che un paese così piccolo (e apparentemente noioso) ha visto nascere.
Band che hanno conquistato il mondo come i Soulwax e i dEUS, e band che sono – nonostante tutto – ancora in tempo per farlo, come i Girls In Hawaii, che pubblicano in questi giorni “Everest”, il loro terzo disco. Il primo dopo una lunga pausa dovuta a un dramma che ha colpito il gruppo (il batterista è tragicamente scomparso in un incidente stradale), che esce a dieci anni da quel piccolo capolavoro che era “From Here To There”, il loro disco d’esordio, e a ben cinque anni dal meno entusiasmante “Plan Your Escape”.
“The Spring” è la canzone d’apertura che non ti aspetti, sussurrata su poche note di piano. Ma poi è subito il turno di “Misses”, primo singolo estratto dal disco, splendida con le sue tastiere “drammatiche” e la sua melodia agrodolce, con un ritornello che arriva solo alla fine, e resta quasi “strozzato”.
“Everest” è un disco ispirato ed emozionante, in cui s’intrecciano chitarre distorte e synth analogici (“Switzerland”), melodie “a presa rapida” (come quella di “Not Dead”, con la sua strofa che ricorda “Don’t Panic” dei Coldplay…che pure era una splendida pop song), canzoni intrise di una tensione pronta ad esplodere (“Mallory’s Heights”), o di una straziante malinconia (“Head On”). I Girls In Hawaii non inventano niente di nuovo, ma il loro sound, che prende spunto dal migliore indie rock degli ultimi vent’anni (Grandaddy, Yo La Tengo, dEUS, Built To Spill etc), è combinato con un songwriter eccellente, ed una capacità di elaborare arrangiamenti affascinanti e mai banali. A fine Ottobre hanno due date in Italia. Andateci, se potete, il loro live è davvero notevole.
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autore: Daniele Lama