Il progetto di Jón Sæmundur Auðarson, Henrik Baldvin Bjornsson e Ryan Carlson Van Kriedt è una miscela di tribalità e misticismo tipicamente nordico, che si traduce in linee melodie tortuose e avvolgenti, senza scadere nella meccanica monotonia. I punti di contatto con molti artisti connazionali (su tutti i già citati Sigur Ros) sono evidenti; le allucinazioni tradotte in musica, i tamburi martellanti e le trame oscure e piene di mistero sembrano mettere d’accordo molte band dell’Europa Settentrionale. Ma nei Dead Skeletons non c’è solo questo. E’ evidente una venatura orientale in “Ord”, e non solamente in “Cemalym”, riarrangiamento di un canto popolare turco. Le canzoni sembrano diventare danze avvolgenti ed ossessive, come fossero parte di un rito di chissà quale culto asiatico.
Oltre a questo sound del tutto originale, gli Skeletons hanno saputo costruire intorno alle proprie uscite discografiche un’architettura fatta di video, pitture e live teatrali. Una scenografia, insomma, che dimostra le qualità artistiche a tutto tondo del gruppo isolano e una spettacolarizzazione che ricorda gli sciamani Goat, gruppo svedese diventato famoso l’anno passato con l’album “World Music”.
“Ord”, pertanto, oltre ad essere un ottimo Ep è un viaggio nelle sperimentazioni e nell’occulto, attraverso un rock selvaggio e magico, tanto tetro da ricordare i Bauhaus e così raffinato da richiamare i Black Angels. Un viaggio che toglie il fiato per il ritmo serrato con cui si susseguono le danze, ma capace di coinvolgere e sedurre l’ascoltatore. E tutto ciò non può che confermare le potenzialità del trio islandese dopo l’ottimo “Dead Magick”, fomentando l’attesa per un nuovo loro album. L’Islanda, ora. ha un altro gruppo di cui vantarsi.
autore: Simone Pilotti