Il contrasto tra la location e la musica è sorprendente: il castello scaligero di Valeggio Sul Mincio e Lee Ranaldo; la placida e tranquilla vista dall’alto della rocca, con il fiume sotto, la sua immobilità medioevale e le pulsioni urbane, metropolitane della metà dei Sonic Youth (c’è Steve Shelley alla batteria).
Saremo un centinaio di spettatori che in questo contesto fa molto ‘evento privato’ e tira un venticello piacevolmente fresco. Se si aggiunge che Between The Times And The Tides dello scorso anno è stato il mio album preferito del 2012 e che al Primavera Sound a Barcellona – sempre lo scorso anno – per colpa degli Afghan Whighs ho assistito solo alla parte finale della sua esibizione – e per giunta i suoni non erano il top – si capisce come questo concerto sia stato per me fonte di immenso piacere.
Apre Threelakes (Luca Righi) che gioca in casa essendo Mantova la sua provincia d’adozione (Valeggio è sul confine tra le provincie di Mantova e Verona) con il suo (indie) folk acustico, il migliore oggi in Italia per credibilità e verosimiglianza con i più compassati autori d’oltreoceano. Non lo avevo mai visto fisicamente e resto meravigliato dalla sua robustezza che contrasta con la delicatezza dei suoi racconti, anche commentati, in un rapporto perfetto con noi audience.
Intanto Steve Shelley – che è pur sempre il batterista dei Sonic Youth fintanto non mi citofonano che si son sciolti – è li sorridente al banchetto del merchandise ai lati del palco mentre Lee è seduto qualche fila dietro di me ad ascoltare Luca: l’umiltà dei grandi.
Poi tocca a lui e alla band, The Dust, che è una signora band con – oltre ai già citati – Alan Licht alla chitarra e Tim Luntzel al basso. Ma niente sperimentalismi, per carità, se non si vogliono considerare tali gli excursus chitarristici noise e grondanti lirismo e feedback. Tutti i brani o almeno quasi tutti quelli più significativi dell’ultimo album son stati eseguiti senza ombra alcuna di calligrafismo. Neanche improvvisazione ovviamente, ma la maturità di un artista come Lee Ranaldo gli ha permesso un’esecuzione sciolta, libera, sentita e sincera. Talmente tanto che si è abbandonato a dire che questo è il più bel posto in cui lui abbia mai suonato (e poiché non c’era molta gente come abbiamo detto, né ho visto stampa e tv, si capisce che non è per piaggeria che ha trovato posto tale affermazione). E ci ha regalato anche qualche anteprima dal prossimo album che uscirà a settembre, oltre ad un bis – questo sì – d’obbligo.
Scendiamo giù dal castello soddisfatti e sereni, ma incuriositi da un tunz tunz che si ode in lontananza. Lo seguiamo. C’è la festa della birra, un delirio di corpi, di folla da festival che si agita sotto ad un palco da festival. Migliaia di persone. Lo spettacolo è orrido, la musica è orrida, è il carnevale del cattivo gusto, perfino cover di artisti italiani commerciali in versione techno da cori mentre una platea inutilmente ubriaca si agita per questo spettacolo da circo. E a qualche km. di distanza poco prima c’era Lee Ranaldo dei Sonic Youth a suonare per un centinaio di persone appena.
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http://www.sonicyouth.com/symu/lee/
autore: A. Giulio Magliulo